Dopo due settimane di stacco, che mi ha visto in tutt'altre faccende affaccendato, mi incantava l'idea di tornare a scrivere di Inter e di analizzare passi avanti e passi indietro, vizi e virtù, scenari futuri e problemi attuali di tattica o di cose che comunque rimandano al campo.
Invece mi tocca dover commentare, con malcelato sgomento, un giorno di ordinaria follia a Tafazziland in cui nessuna delle parti in causa sembra aver capito il significato del concetto "fare il bene dell'Inter".
A prescindere da torto e ragione, la gestione del caso Icardi ricaccia al punto zero ogni bella parola spesa per una Società che sembrava aver trovato la sua identità e capacità di prendersi responsabilità e decisioni nel momento giusto.
Tralasciando ogni commento sulla tempistica della Curva Nord nell'apparecchiare un pomeriggio tra il surreale e il grottesco, andando a cercare le ragioni di cotanta mobilitazione si trova un episodio risalente a un anno e mezzo fa che era già stato ampiamente chiarito e su cui Icardi nel libro incriminato ammette già il suo errore nel mettere esageratamente sul personale la questione e nell'effettuare esternazioni da malavitoso del Barrio.
A mio avviso niente di così grave per cui dover organizzare tra la notte del sabato e il pomeriggio di domenica la fitta sassaiola dell'ingiuria ai danni del Capitano di una squadra che già aveva qualche problema di equilibrio da risolvere e che soprattutto la partita in casa col Cagliari la doveva vincere senza mezzi termini.
La Nord non ne fa una questione prettamente personale, perchè non cerca il confronto con la Società prima che il caso possa danneggiare gli sforzi collettivi verso la vittoria, ma spiattella ogni cosa su pubblica piazza creando nei fatti un problema molto serio a tutto l'ambiente che arriva alla partita con il Cagliari trapassato malamente da faide intestine, la cui lavanderia è il pubblico di ogni fazione ed estrazione che viene imbeccato da giornali, media, opinionisti.
Figurati se questo parterre de roi si può far sfuggire l'opportunità di mettere i fiocchetti ad un caso che per una volta non deve essere architettato artificialmente, ma viene servito sul piatto d'argento.
Il risultato di tutto questo sul campo è desolante: l'Inter gioca in 10 perchè il bersaglio mobile Icardi non entra mai in partita, sbaglia malamente un rigore che in altra situazione avrebbe quantomeno centrato la porta, riceve l'applauso di conforto dei settori al di fuori del tifo organizzato e testimonia l'esultanza di chi ha perso la bussola e gode di un rigore (peraltro molto generoso) sbagliato da chi indossa i suoi stessi colori.
La Società che fa? Attraverso le parole di Zanetti avalla ed appoggia una situazione che altrove sarebbe materiale da psicanalisi, facendo intendere che ci vogliono provvedimenti per accontentare i tifosi.
Ma allora di quali tifosi parliamo? Dei 4000 che hanno trascorso il loro pomeriggio in assetto da battaglia contro il singolo fregandosene di tutto il resto o dei restanti 39mila che hanno invece trascorso un pomeriggio da sostenitori, incoraggiando la squadra senza creare una situazione di disturbo?
Urge creare una distinzione sia in termini che in fatti, se un decimo del pubblico presente per lo stesso motivo degli altri ha l'autorità di decidere per tutti cosa si deve o non si deve fare, creando peraltro un pericoloso precedente.
Cos'è cambiato rispetto a due anni fa, quando la Curva criticava il resto dello stadio che voleva fare la pelle a Mazzarri utilizzando concetti come "se noi vediamo un amico (riferito all'Inter, ndr) in difficoltà lo aiutiamo a respirare invece di togliergli l'ossigeno"?
A dare il colpo di grazie alla credibilità dirigenziale nei confronti di questa situazione, che avrebbe potuto essere già sgonfia alle due di pomeriggio leggendola dalla prospettiva del bene della squadra, un Ausilio che sugli schermi di tutta Italia ammette candidamente che non sa chi si doveva prendere la responsabilità di leggere un libro che la Società stessa ha promosso attraverso il sito e i canali social; un po' come se nella brochure di un prodotto lanciato sul mercato si facesse riferimento al fatto che il prodotto fa schifo e nessuno si accorga di mandare in stampa una bomba ad orologeria che finisce per svolgere la funzione contraria a quella di qualsiasi logica, d'immagine e commerciale.
Anche se il problema fosse il passaggio incriminato del libro, nel passaggio stesso si fa riferimento a un colloquio con la dirigenza dopo i fatti di Reggio Emilia (febbraio 2015) in cui si pronuncia l'infelice frase "porto 100 criminali argentini": dunque chi ha perso la memoria riguardo quella conversazione? E perché la punizione per Icardi non scattò nei tempi e nei modi giusti? Se si riteneva 20 mesi fa che l'episodio fosse grave tanto quanto lo si sta ritenendo adesso, perché Icardi ha ricevuto i galloni da capitano dopo quel fattaccio?
Bisogna prenderne atto: la Società non poteva e non doveva essere ignara dei contenuti del libro, soprattutto dopo tutto il background che si è creato con Icardi e moglie in estate.
L'autogol che infine premia il Cagliari a scapito di un'Inter che a quel punto era già da un pezzo con la testa fuori dalla partita, tra compattezza inesistente e lettura dell'allenatore ancora una volta discutibile, è la cartina tornasole di una folle domenica in cui tutti gli autogol che si potevano fare sono stati fatti.
Per tacere del post partita, a cui ho già alluso citando Ausilio, del raid sotto casa di Icardi con il velato placet societario, indegno di qualsiasi contesto sociale civilizzato e delle ulteriori dichiarazioni della Nord riportate da Calciomercato.com secondo cui "se ripubblichi il libro senza le pagine incriminate, ti perdoniamo".
Ma allora, fatemi capire: è una questione di onore o di Content Marketing?
E se poi Icardi dovesse obbedire e venisse perdonato, come la mettiamo con la fascia? Torna sul suo braccio, magari dopo aver preso atto che questa decisione se ritenuta necessaria andava presa in estate in autonomia?
Hai voglia a ciarlare dei 20 milioni di potenziali tifosi da raggiungere in Asia, se gli input decisionali poi devono arrivare da 4000 locali.
Dopo un giorno così in un'azienda normale di questa portata si fa una plenaria straordinaria, anche di notte se necessario, e si decide quale testa deve rotolare prima ancora che i giornali siano in edicola.
Ed è vero, vi comprenderò se mi direte "non venirci a raccontare/quello che l'Inter deve fare/ perché per noi niente è mai normale."
Concedetemi però la fermezza nell'asserire che qualcuno a prendersi la briga di raccontare quello che l'Inter deve fare, prima o poi, in questa Società deve necessariamente comparire.
Il problema è che una società che non ha le competenze per stabilire qual è la decisione oggettivamente migliore, da inevitabilmente ascolto agli input che gli arrivano dai "tifosi".
RispondiEliminaE quando ci sono persone che possono scrivere comunicati per conto di altre 4000 persone, che magari non sono neanche tutte d'accordo, il loro input conta molto più di quello di qualunque altro singolo.
Credo che sia il momento di trovare il modo di far sentire collettivamente la voce anche di chi la pensa diversamente.
Perché anche scrivendo 1000 messaggi al profilo Twitter @inter, saranno 1000 messaggi caduti nel vuoto, perché saranno 1000 singoli che diranno 1000 cose diverse che nessuno leggerà singolarmente, e avranno ciascuna 1/4000 del peso di un comunicato della curva.
Non dico di nominare nessuno che rappresenti nessun altro, ma di trovare il modo di scrivere collaborativamente (una Wiki?), in occasioni come questa, qualcosa di condiviso e condivisibile da più persone possibile, e che non si limiti al Tizio contro Caio.
Non l'abbiamo fatto dopo il motorino, non l'abbiamo fatto dopo i bengala su Dida, non l'abbiamo fatto dopo gli atti di razzismo, non l'abbiamo fatto dopo Sassuolo, che sia arrivato il momento di farlo?