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mercoledì 23 novembre 2016

Il bicchiere non esiste



"La stagione è salva", avrà pensato qualcuno nell'euforia post gol di Perisic che toglieva l'Inter dall'ennesimo imbarazzo per l'ennesima sconfitta stagionale.
Il pensiero a caldo ci sta: hai ripreso il Milan all'ultimo respiro, gli hai tolto l'urlo liberatorio di bocca e hai una sensazione di giustizia per una partita che a conti fatti non meritavi di perdere.
Poi, perché nel calcio sfortunatamente devi sempre fare i conti col poi, ti si figura davanti la classifica e ti rendi conto che effettivamente sei emerso dal vortice ma non ti sei affatto tolto dalle sabbie mobili. Il derby è stato pareggiato, ma per iniziare solo a ragionare su termini di un certo peso come "svolta", "crocevia", "stagione che gira" il derby serviva vincerlo, perché il saldo punti resta deficitario e il Milan resta troppo in alto, nelle posizioni che determinano il tuo obiettivo.
Possiamo discutere a lungo sulla possibilità che il Milan meriti o meno la classifica che ha, che a un certo punto crollerà, che la fortuna gira eccessivamente dalla sua parte: la verità, secondo me, è che il Milan ha fatto di necessità virtù giocandosela nel solo modo utile per conseguire risultati in una partita come questa, al netto della rosa a disposizione.
Una partita tatticamente simile al derby l'Inter l'ha giocata e vinta contro la Roma poco più di un anno fa e quel Milan non è molto distante da quella Inter: si difende con discreto ordine, è veloce a ripartire, propone soprattutto il contropiede e i risultati al momento dicono che l'atteggiamento paga, come lo dissero a noi interisti 365 giorni fa.

Possiamo davvero disquisire a lungo su tutto questo, ma la classifica di Serie A si basa sui risultati e non sul merito, ragion per cui siamo entrati in una fase in cui ogni partita servirà per salvare la stagione: succederà domani in Israele, succederà lunedi con la Fiorentina e venerdì con il Napoli e ci sono ottime probabilità che questa striscia di ultimi appelli ed ultime spiagge proseguirà imperterrita fin quando la classifica non ci dirà, se lo dirà, che siamo rientrati in carreggiata e che il countdown della bomba ad orologeria pronta a deflagrare su una stagione nata male e proseguita peggio si è finalmente fermato.

L'operazione "salva-stagione", affidata a Stefano Pioli (a proposito: non male l'esultanza convinta e liberatoria nel derby, è una piccola cosa ma serviva), è appena iniziata, ma potrebbe già finire nell'arco di poco tempo giacché la stagione è visibilmente compromessa, davanti ci sono partite non propriamente morbide (una parte di voi nemmeno era stata concepita quando l'Inter vinse per l'ultima volta al San Paolo in Serie A) e soprattutto l'Inter, come era lecito attendersi, è uscita dal derby consapevole di dover lottare con gli stessi problemi di sempre.

A partire dalla condizione atletica: non c'è altro modo di poter spiegare con una logica per quale motivo si prende un gol al 40' del primo tempo da una rimessa del portiere, con la squadra in 80 metri di campo come stesse giocando da un mese e mezzo, con il tappeto rosso ad apparecchiare il comodo coast-to-coast di Bonaventura per 40-50 metri.
Hai voglia poi a prendertela con Ansaldi che lascia due centimetri e mezzo di specchio a Suso, se a monte c'è un intero centrocampo che a neanche metà partita sbraca e non ha più fiato nemmeno per riposizionarsi.
Anche se questo è un problema irrisolvibile fino al richiamo di preparazione di fine dicembre, è impensabile che l'Inter sia efficace nel tipo di gioco propositivo visto anche domenica sera se nei fatti la sua partita dura 60 minuti, che siano consecutivi o distribuiti nel corso del match.

Nonostante la sgambatina che è costata un gol, il centrocampo è stato apprezzabile in fase di possesso ma tale padronanza ha suo malgrado evidenziato un altro limite ormai atavico ed evidente della squadra, la difficoltà nel finalizzare: dati alla mano, all'Inter servono qualcosa come 12 tiri prima di riuscire a buttare la maledetta palla in rete. Impossibile mirare all'alta classifica se non si sistema in fretta questa anomalìa e ben venga che anche in una serata nera come la pece per Mauro Icardi siano venuti fuori i gol degli esterni offensivi di cui c'era una necessità ormai disperata: a questo proposito, segnalerei l'interessante mossa di Pioli nell'accentrare Candreva per avere maggiori possibilità di successo nella conclusione.

Se l'attacco piange, la difesa non ride: Pioli sembrava averla azzeccata con l'arretramento di Medel di cui si parlava senza seguito da tempo, ma dato che la malasorte ci vede benissimo ha lesionato il menisco del Pitbull nel momento in cui aveva finalmente messo d'accordo tutti i tifosi sul suo contributo alla causa.
Uscito il cileno, ha iniziato a grandinare nella trincea nerazzurra ed è fin troppo superficiale incolpare Murillo entrato a gara in corso perché, come già spiegato, il peccato originale si trova nella fase difensiva deficitaria dell'intero collettivo che non trova più un punto di riferimento in Miranda, attualmente parecchio lontano dalla sua scintillante versione di un anno fa: troppo evidente il modo in cui si pianta a terra regalando a Suso le chiavi della porta nerazzurra proprio nel momento in cui l'inerzia del derby poteva girare a nostro favore.

Ultimo, ma non meno importante, è il problema dei terzini: Ansaldi ad oggi, date tutte le attenuanti possibili sul suo stato di forma, non ha spostato davvero nulla in un reparto già ai minimi termini qualitativi. Diventa davvero necessario investire su un sicuro fuoriclasse, soprattutto per questo tipo di gioco, senza continuare a tirare a campare con la buona vena di D'Ambrosio che ha giocato un derby ottimo ed ammirevole ma che è pur sempre D'Ambrosio e nulla più.

Ma allora, Santucci, ci stai dicendo che il bicchiere è mezzo vuoto?
No, affatto: se pareggi un derby così non puoi non godere del prezioso liquido che ti smorza sulle papille l'amarezza che avrebbe lasciato la sconfitta.
Ciò che temo è che l'andamento del derby sposti scelleratamente l'asticella emotiva dall'abisso ad un'euforia che non sarebbe del tutto giustificata: tante partite difficili davanti e vecchi vizi da togliersi quando però di tempo e di occasioni ce ne sono sempre meno o non ce ne sono quasi più.
Non è cambiato nulla rispetto a prima, quindi: sì e non poteva essere altrimenti, non ho ancora comprato il panettone ed ho già visto transitare tre allenatori in questa stagione, l'ultimo dei quali ha lavorato senza mezza squadra per preparare il suo infuocato esordio.
O forse no, forse una cosa è cambiata: un episodio che è girato giusto nell'unico momento in cui serviva girasse giusto non si era mai visto in questo avvio, per ora potrebbe anche bastare che Pioli sia un cavallo fortunato senza la necessità di essere un cavallo di razza.

Il bicchiere è mezzo pieno allora?
No, il bicchiere d'ora in poi non esiste perché non possiamo più pensare che possa andare bene una partita come quella di domenica, con gli stessi comuni denominatori di molte altre: buone idee e numeri promettenti da una parte ma dall'altra parte pochissima finalizzazione e gol presi da polli.

No.
Le mezze misure devono iniziare ad andarci strette, se vogliamo uscire da questo loop in cui la coperta è sempre inesorabilmente troppo corta e sono certo che Pioli lo sappia molto bene.

Buona fortuna, mister: ne avrà davvero tanto bisogno.

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