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giovedì 25 giugno 2015

Se i giocatori diventano garanzie bancarie: il sistema Porto



Chi segue da tempo i miei pensieri espressi sui social network sa bene che tra le mie ossessioni (se esse siano malsane o no, lo lascio decidere a voi) c'è il Porto, una Società enunciata all'unanimità come un raro modello di virtuosismo e che nasconde invece dietro la cartina tornasole di plusvalenze stratosferiche una situazione molto diversa da come appare.
Più che di Società virtuosa, si dovrebbe parlare di introiti virtuali.

Avevo già accennato su questo blog al fatto che il Porto, nonostante le lodi tessute a Pinto da Costa in quella che chiamerei senza esagerare propaganda, abbia chiuso l'ultimo bilancio in chiaro passivo: qualcosa come 40 Milioni, un rosso che dal Fairplay Finanziario così come fu pensato in origine non sarebbe ammesso nel prossimo bilancio di esercizio.
Un passivo a cui si è giunti nonostante un anno di plusvalenze che altrove potrebbero essere definite accettabili (23 milioni), soprattutto se integrate nei 700 milioni di ricavi dal player trading attraverso cui sulla stampa nostrana si sono raccontate meraviglie di Pinto da Costa e suoi accoliti, salvo poi accorgersi di un mondo parallelo dando uno sguardo appena sotto la superficie del mare di elogi.
Di quei 25 milioni dovuti a terzi per parti di cartellino, commissioni e servizi e di tutto l'oceano che si nasconde dietro a quei soldi e quelli arrivati dalle cessioni di un decennio, ne ha parlato in maniera approfondita Enrico Turcato nel suo ottimo articolo, che sbugiarda con fatti e numeri alla mano anni di favolette da calciomercato virtuale degno di Football Manager. 
Viene accentuato peraltro il ruolo preponderante di Jorge Mendes in un sistema circolare che ha premiato soprattutto lui: si rassegnino quei tifosi della Fiorentina che in questi giorni hanno estratto dal cilindro i peggio epiteti per definire il sottoscritto, Jorge Mendes nel mercato rappresenta il banco e il banco, come ben noto, vince sempre.
Jorge Mendes e Pinto da Costa

Tornando al Porto, il mettere mano a un passivo di bilancio così esangue da rischiare le privilegiate cure della Uefa in termini di monitoraggio ha comportato diverse soluzioni: la prima, quella di dare atto a una sofisticata manovra di finanza creativa attraverso la quale il Porto ha ceduto la metà del suo principale asset patrimoniale, l' Estadio do Dragao, dall'ente associativa(il club) all'ente finanziaria (SAD) potendo così provvedere all'aumento di capitale che ha messo una pezza sui conti.
Sì, ma se l'operato del Porto è destinato costantemente a generare perdite perchè gli introiti sono virtuali, come scrivo sopra, quanto può durare un aumento di capitale? Osservazione molto acuta, a cui ovviamente anche quelli del Porto hanno pensato ben prima di chiudere un esercizio che sapevano perfettamente sarebbe andato nella direzione opposta al positivo.
E infatti una risposta si può reperire in quello che accade tra l'Ottobre del 2013 e il Gennaio del 2014, allorché il club portista chiede ed ottiene tre prestiti bancari per un totale di circa 28M e diverse modalità di erogazione: due sono concessi da Banco Novo, la banca messa in piedi per ereditare gli asset sani del Banco Espirito Santo a seguito del crack di un anno fa (crack a causa del quale peraltro il Benfica si è dovuto ricomprare a 29mln mezza squadra che al Banco Espirito Santo apparteneva), l'altro viene concesso da Millennium Bank.
Tali prestiti si accodano agli altri quattro precedentemente erogati da Banco Novo, Millennium Bank e BPI.
Il lettore attento, a questo punto della storia, si sarà già posto una legittima domanda: se il Porto è messo così male come si dice fino a questo punto dell'articolo, quali garanzie di restituzione può dare alle banche?


Qui arriva il punto focale della storia, perché il dubbio viene dissipato dal Report Annuale dell'ente finanziaria portista, la SAD, che specifica come la rinegoziazione di uno dei prestiti (il più grosso di tutti, da 25 milioni di €) sia passata da due bizzarre garanzie collaterali: i diritti economici su Danilo e Jackson Martinez, ovvero i giocatori che in quel momento avevano la più alta valutazione di mercato.
Si dice a chiare lettere che se il Porto venderà il 100% della proprietà di Jackson Martinez e Danilo la cifra che incasserà, al netto delle commissioni, dovrà essere utilizzata per rimborsare la cifra stabilita nel contratto di prestito.
"Al netto delle commissioni" non è un dettaglio da sottovalutare se guardiamo cosa resta della cifra che il Real Madrid ha già sborsato per Danilo qualche mese fa dopo essere passata sotto il rullo di intermediari, diritti di formazione e costi accessori: nello specifico sono 7,8 milioni in meno sulla cifra totale che finiranno in spartizione tra Atletico Mineiro (1,5 mln), Santos (1,8 mln), intermediari anche noti come Jorge Mendes (4 mln) e assicuratori di polizze sugli infortuni (500mila Euro).
Vedremo appena noto cosa resterà poi dei 35 milioni spesi dall'Atletico Madrid per portarsi a casa Jackson Martinez.

Il documento che attesta provenienza, importo e garanzie collaterali dei prestiti bancari al Porto


Ad ogni modo, avendo il prestito scadenza nel Settembre 2015, potete ben intuire per quale motivo il Porto abbia messo sul mercato i due novelli asset finanziari già a metà stagione. 
In una situazione di boccheggio finanziario, nonostante le fanfare che siamo abituati a sentir suonare sul Porto, val bene anche trasformare due esseri umani in una garanzia bancaria, alla faccia dello stile.
E non sono neanche gli unici: nel vortice ci è finito anche Helton, il portiere, usato per garanzia collaterale a un prestito di 3,5 milioni di Euro, scadenza Giugno 2017. Oltre ovviamente all'ipoteca di immobili appartenenti al club e le altre garanzie accessorie comunemente usate quando c'è da garantire un prestito.

Il Porto deve alle banche 149,8 milioni di Euro, ma è l'unica in Portogallo ad aver usato i giocatori come garanzie alla banca. Questo presuppone che il Porto non sia la pecora nera del calcio portoghese, visto che il Benfica deve alle banche 293,5 milioni e lo Sporting Lisbona 110 milioni.
L'intero sistema portoghese fa acqua da più parti, solo che in questo emmental finanziario il Porto sembra sempre vivere in un'isola felice fatta di incassi e plusvalenze stratosferiche.
Il club sa perfettamente che non potrà continuare vita natural durante con un sistema così spregiudicato senza che nulla accada e proprio in questi giorni sta cercando di chiudere accordi di sponsorizzazione che fruttino qualcosa di più dei circa 4 milioni all'anno che Portugal Telefonica gli ha versato nell'ultimo decennio.
Ad oggi il main sponsor più vicino al club portista sembra essere Fosun, un colosso privato cinese (manco a dirlo) operante in diversi settori merceologici che compare spesso su Forbes.
Attraverso i cinesi, il Porto cerca di risolvere con uno stratagemma anche i suoi enormi dissesti finanziari, visto che Fosun ha già acquisito in Portogallo una compagnia assicurativa.
Il bersaglio grosso di Fosun però è un altro, ovvero una banca. Indovinato? Sì, si tratta proprio di Banco Novo a cui Fosun sta tentando di dare la scalata già da diversi mesi.
Se ci riuscisse, chissà che il Porto non ci guadagni con la rinegoziazione di quei prestiti che portano un club a dover vendere a prezzi esorbitanti quelli che rappresentano la loro unica ancora di salvezza in termini, anche se si tratta di darli in mano alle banche.

Pensiamoci bene, prima di accodarci la prossima volta ai vari lanzichenecchi che ci racconteranno le mirabolanti gesta di Pinto da Costa: lo dico a costo di passare per presuntuoso, perchè basta veramente spulciare il grosso dei giornali portoghesi per rendersi conto di come stanno le cose.

Ora dite la verità: ci credete ancora nel meraviglioso "Modello Porto"?



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