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martedì 6 settembre 2016

Cosa resterà di Yaya Toure?

"Yaya Toure è un giocatore che in Italia non si è mai visto!", tuonava Mancini ai tempi dell'ultimo calciomercato. Era ieri, ma sembra trascorsa un'eternità.
Ora il problema principale per il gigante ivoriano è che non solo non si vedrà in Italia, ma rischia di non vedersi più in assoluto nei palcoscenici che contano.

L'esclusione dalla lista Champions riservatagli da Guardiola è stato un evento che non ha destato poi tanto scalpore, come se fosse lecito aspettarsi che nel calcio dinamico di Pep un posto per Toure sarebbe stato difficile da trovare.
Dunque ci si trova in una empasse apparentemente paradossale: perchè un giocatore considerato da alcuni al top dei top, come suggerirebbe l'ingaggio, non fa parlare sufficientemente di sè nel momento in cui viene accantonato?
La risposta più verosimile appare quella più banale: Yaya Toure non è un top player o quantomeno non lo è più.
Non potrebbe essere diversamente, in un calcio che va talmente veloce da aver ad esempio reputato un bluff quel bel giocatore di Eden Hazard, annichilito dall'annata storta del Chelsea.
Stesso dicasi per Fabregas, considerato oggi da una buona fetta di pubblico un giocatore finito all'alba dei 29 anni.



Non sono i giudizi quelli che interessano maggiormente, ma i numeri:
33 sono le primavere sulle spalle del protetto di Mancini, forse oggettivamente troppi per poter avallare una follia pecuniaria al solo scopo di puntare su un granatiere nel tempo che gli rimane a determinati livelli.
8 sono le reti segnate nelle 47 partite a cui Toure ha partecipato nella'ultima stagione, numeri lontani anni luce da quelli devastanti del 2013/14 ed in costante calo nelle ultime due stagioni, in cui i tifosi hanno visto il suo nome più sui giornali che sulla casacca portata in campo.
86.5 % è la percentuale di passaggi riusciti nella scorsa Premier League, uno score di tutto rispetto ma lontana dal 90.1% della stagione 2013/14, l'ultima che legittimò Toure come un giocatore top su scala planetaria: anche in questo caso i numeri raccontano una discesa costante ed inarrestabile.




Dimitri Seluk, agente del giocatore già alla ribalta delle cronache per essersi impermalosito dopo i mancati auguri di compleanno del City al suo assistito e per le piroette mediatiche usando come sponda altri club per strappare il solito faraonico contratto, ha dichiarato senza giri di parole: "Se Guardiola vince la Champions andrò in televisione a dire che è il miglior allenatore del mondo, ma se non la vince spero abbia le palle di ammettere l'errore fatto nell'umiliare un giocatore del livello di Yaya".
Ora, io non sono affatto convinto che Guardiola sia infallibile, dopo aver fatalmente toppato la gestione di Ibrahimovic ed essersi messo contro quasi l'intero ambiente al Bayern, ma sono certamente convinto che se il City non vincerà la sua prima Coppa dalle grandi orecchie non sarà affatto una questione prettamente dovuta alla presenza o assenza di Yaya Toure, visto e considerato che con Yaya al massimo delle sue possibilità il City la coppa non la vide nemmeno da lontano.

Ciò che sarebbe stato logico e ad un certo punto anche gradito, sarebbe stata una scelta da parte del giocatore più a contatto con una realtà che lo stava già vedendo scivolare dalle zone nobili del gotha mondiale.
Toure avrebbe potuto accettare l'Inter nel 2015, a 32 anni, rinunciando sì a una parte di ingaggio, senza però essere preso per il collo in ambito pecuniario; se Pirlo, che certamente poteva esprimersi anche da fermo, accettò i 4 milioni annui della Juventus a 32 anni, non si comprende esattamente perchè Toure se ne sarebbe dovuti meritare il triplo.


Ora che il treno è passato, ora che Mancini è a spasso, ora che Guardiola ha nel radar tutt'altra situazione, ora che la Champions è comunque una chimera, potrebbe essere terapeutico per giocatore e agente farsi una semplice domanda: "Cosa resterà di Yaya Toure?".
La risposta, schietta e lucida, andrà trovata prima che pubblico ed addetti ai lavori smettano definitivamente di cercarla.

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