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lunedì 19 settembre 2016

Ho visto Inter-Juventus




Ho visto Inter-Juventus.
Ricordo perfettamente la sensazione nell'immediato prepartita, una cosa tipo "oggi
scendiamo agli inferi" che si mescolava con "Sì però vuoi mettere le emozioni di una
partita così?".
Non mi aspettavo niente se non l'impegno e l'orgoglio fino al fischio finale, mi
sarebbe andato bene a prescindere dal risultato.

Poi inizia a parlare il campo ed inizia a dire cose intelligenti, approfondite,
soddisfacenti e non concepisci la scena muta di tre giorni prima.
Certo, Khedira si libera subito (non sarà l'ultima volta) anche se in offside.
Certo, si vede che Dybala è di un'altra categoria e che si sta prendendo in mano la
squadra.
Però butti un occhio in mezzo al campo e inizi a vedere cose decisamente interessanti
e, nella nostra situazione, innovative.
Tipo Joao Mario e Banega che iniziano a scambiarsi le posizioni ed a giocare
vicendevolmente ora da interno, ora da trequartista. Joao Mario è quello dei 45
milioni ed è facile da ricordare, ma di Banega il parametro zero si ricordano in
pochi.
E fanno male: perché in un piacevole senso di organizzazione e chiarezza tattica a cui
non si era più abituati, succede che Candreva ed Eder scendono sulla linea dei
centrocampisti quando c'è la Juve in attacco e che proprio Banega resti 10 metri più
avanti pronto a giostrare la ripartenza.
Everything in its right place, direbbero i Radiohead. Finalmente, dico io.
Infatti, indovinate un po'? Medel, completamente scaricato da qualunque compito di
costruzione e dedicato al 100% all'equilibrio difensivo della squadra inizia a fare un
figurone.
Davanti Icardi si muove, lotta, sportella e rischia anche di fare l'eurogol alla
Milito sotto gli occhi del Principe stesso; ci riesce anche perché Eder è in
buonissima vena, sdoppiandosi tra il lavoro in fascia e l'appoggio a Mauro.



Certo, la Juve è la Juve ed è forte, ma si inizia a vedere che ce la stiamo giocando
alla pari e che forse ai punti qualche giudice sceso da un altro pianeta perfino ci
premierebbe. Nel calcio però vincono i gol e i migliori risolutori sulla carta ce li
hanno loro, anche se Allegri ci usa la cortesia di tenere Higuain a passare le
borracce dalla panchina.
Subentra all'intervallo il pensiero di un calo fisico che vanificherebbe il buonissimo
primo tempo. E se caliamo facciamo confusione e se facciamo confusione ci puniscono e
poi domani i titolatissimi allenatori imbucati nelle redazioni ci dicono che dobbiamo
vergognarci e magari qualcuno ci crede pure.

Ripartiamo, lisci come una Vodka Belvedere che ci tiene su di giri soprattutto perché
la Juventus ha gli stessi identici problemi della prima frazione. Pjanic lo farei
giocare in modo diverso, penso, mentre Joao Mario supera Asamoah col braccio fuori dal
finestrino e innesca l'ennesima azione d'attacco.
Ancora una volta idee chiare, spirito di squadra e pressione senza tregua: la Juve
sarà pure nettamente più forte ma da quella metacampo non sta uscendo da 15 minuti
buoni.
Tutto bello, tutto gradevole: ma i gol? Si vince così in questo gioco, no?
Succede quello che non deve succedere: Alex Sandro (prestazione maiuscola) scherza
D'Ambrosio, centra in mezzo, gol di Lichsteiner. E allora già pensi che la Juve vince
anche quando gioca male, che sono segnali, che dovrai difenderti dai giornali che
faranno passare di nuovo De Boer per un avvinazzato del bar di paese nonostante abbia
palesemente prevalso sul piano tattico.
Sei stato all'inferno giovedì, ti hanno massacrato venerdì, ti hanno ridicolizzato
sabato, domenica giochi nettamente meglio del migliore degli avversari e vai sotto.
Per me tutto finito, perché dai: chi ci crede che dopo sta settimana rimonti la Juve?

Dimenticanza fondamentale: gli Dei del calcio non seguono logica, né consequenzialità
in partite così.
E allora c'è Icardi che salta in testa a tutti e la riprende perché diciamolo, porca
miseria: è giusto così! Per una volta che giochiamo visibilmente meglio della Juve,
sotto gli occhi di chi stava già spulciando gli archivi per prevedere l'ultima goleada
bianconera, quello che è nostro ce lo prendiamo.
Anzi, ce lo prendiamo con gli interessi visto che il tintinnino di Asamoah convertito
in cioccolatino da un Icardi mostruoso, viene scartato come un Bacio Perugina da
Perisic entrato poco prima.
All'interno, sul bigliettino, c'è una frase dedicata a tifosi troppo innamorati per
ragionare e soloni troppo leccapiedi per informare:
puoi cambiare 19 allenatori a settimana, ma se giochi da squadra vinci. Con merito.
Anche rimontando. Anche contro questi qua, che vinceranno il campionato.
Anche se non ti alzi dalla panchina durante il match. Anche se non parli italiano.
Anche se hai fatto fuori Brozovic, come Mou fece fuori Balotelli prima del Chelsea.



Al fischio finale, tra il godimento della mia gente e la resa di quei tifosi juventini
che fanno i complimenti all'avversario riversando ogni colpa sull'autocritica mi rendo
conto che mancano due cose: la presenza di Tagliavento, che non ho percepito più del
previsto pur facilitato da una partita molto corretta, e le scuse a caratteri cubitali
a De Boer che nessuno farà perché, si sa, c'è la libertà di opinione anche se sconfina
nello sciacallaggio più becero.
Ma in realtà non mi importa davvero più di tanto, ormai.

Ho visto Inter-Juventus.
Ho visto l'alba di un giorno nuovo.

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