Le fragranze uniche ed inconfondibili le si riconoscono al primo colpo.
Quando l’olfatto si attiva e quelle fragranze entrano in circolo, affiorano alla mente immagini e sensazioni, forme e colori, stati d’animo ed alchimie.
La scia di profumo che riempie i sensi da sabato sera, pur essendo stata presente anche prima, riporta a piccoli momenti di trionfo, sensazioni di sicurezza ed autostima, un che di eccitante ed elettrizzante nel volgere lo sguardo verso il futuro.
Se le prime due versioni di questa fragranza erano embrionali, la terza ha iniziato a sprigionare un’essenza molto definita e la quarta ha perso un po’ della sua forza mischiandosi al sudore, sulla quinta di dubbi non ce ne sono: è la fragranza tipica dell’Inter di Pioli.
A cominciare dall’atteggiamento dell’avversario: sembrano davvero lontani i tempi in cui la medio-piccola di turno accarezzava la folle idea di farsi un picnic a San Siro con tanto di banchetto allestito per un suo risultato storico.
Il Chievo di Maran deve aver visto il rendimento dell’Inter negli ultimi due mesi a San Siro (cinque vittorie di fila, mediamente tre gol a partita realizzati) e facendosi due conti aver deciso che il buffet da tre punti poteva serenamente diventare un pranzo al sacco da un punto.
Non inganni, in caso di mancata visione del match, la mezz’ora di gioco in cui i mussi si sono ritrovati con la testa avanti perché il gol di un Pellissier eterno e ancora di un’altra categoria rispetto ai compagni non è frutto di una ricerca studiata del bersaglio, ma di un tentativo di sortita offensiva, più per ossigeno alla difesa che per convinzione, andato oltre le più rosee aspettative.
Il confronto nella zona nevralgica, quella di mezzo, è senza storia sin dalle prime battute: nonostante un uomo in meno, Gagliardini e Kondogbia bastano e avanzano per desinare sul capo dei tre clivensi, con il solo Castro a permettersi di tanto in tanto qualche soddisfazione sui contrasti.
Mentre mi rendevo testimone di questo atto di forza, pensavo che in altre epoche avremmo probabilmente visto nella stessa zona Medel a uomo su Birsa
Il ragazzo arrivato dalla provincia, con un numero di maglia che sembra un preambolo logico alla fragranza che si diffonderà a fine partita, gioca con la sicurezza di chi ha capito perfettamente cosa deve fare in campo: accorcia, difende, palleggia, svaria, trova addirittura l’inserimento andando a svolgere il lavoro che ad un Joao Mario con le pile scariche non riesce.
Capire cosa fare in campo non è un concetto facile né garantito nell’Inter degli ultimi anni: se il Gaglia gioca con ordine e convince è anche perché l’impianto tattico è consolidato e, fino a questo momento, vincente.
Può anche non essere un caso allora se, in una situazione chiara e fluida, anche il buon Kondogbia può sbocciare nonostante lo avesse già fatto ad Udine nel pregiudizio di chi non aveva occhi per vedere.
Ecco un altro ingrediente dell’alchimista Pioli nel pentolone: la chiarezza identitaria.
Far capire a tutte le sue risorse che c’è un linguaggio comune, che non si cambiano i propri principi, che l’avversario non è una variabile per cui nascondersi, ma l’occasione per tirar fuori il proprio potenziale.
Quanto tutti riconoscono ed applicano questo fondamento, succede anche che il cambio modulo non è un tentativo di cambiare, ma la certezza di svoltare con una rosa che in maniera finalmente compatta volge verso l’obiettivo.
Se Pioli mostra abilità vincenti nel leggere la partita, è anche perché i sostituti ora rispondono all’appello con convinzione: come Eder, per la seconda volta entrato in partita in maniera concreta ed efficace, ora un po’ più somigliante al bel giocatore da cui Conte aveva avuto il massimo all’Europeo.
Nonostante l’appannamento di forma del binario destro, con Candreva ancora lontano dai livelli su cui ci eravamo lasciati nel 2016, si scopre anche un Perisic formato deluxe: sono 11 i punti che hanno portato i suoi gol, di cui 8 incamerati nell’ultimo quarto d’ora.
Si sente ancora dire troppo poco che l’esterno croato, numeri alla mano, è uno dei giocatori più decisivi del campionato.
Il suo gol della provvidenza nasce da un recupero di Icardi che si incaponisce su un pallone tra piedi clivensi e torna nella posizione di Ansaldi per andarlo a riprendere e innescare una nuova azione: intensità e sacrificio da Capitano, non la prima volta che si vede, che non viene meno neanche dopo aver segnato un gol che a San Siro non si vedeva dai tempi di Hernan Crespo.
“Senti, nell’aria c’è profumo di vittoria”.
E’ il profumo della Pioli N° 5.
E se l’Inter è in grado di replicarla, la sentiremo ancora molte volte.