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giovedì 25 giugno 2015

Se i giocatori diventano garanzie bancarie: il sistema Porto



Chi segue da tempo i miei pensieri espressi sui social network sa bene che tra le mie ossessioni (se esse siano malsane o no, lo lascio decidere a voi) c'è il Porto, una Società enunciata all'unanimità come un raro modello di virtuosismo e che nasconde invece dietro la cartina tornasole di plusvalenze stratosferiche una situazione molto diversa da come appare.
Più che di Società virtuosa, si dovrebbe parlare di introiti virtuali.

Avevo già accennato su questo blog al fatto che il Porto, nonostante le lodi tessute a Pinto da Costa in quella che chiamerei senza esagerare propaganda, abbia chiuso l'ultimo bilancio in chiaro passivo: qualcosa come 40 Milioni, un rosso che dal Fairplay Finanziario così come fu pensato in origine non sarebbe ammesso nel prossimo bilancio di esercizio.
Un passivo a cui si è giunti nonostante un anno di plusvalenze che altrove potrebbero essere definite accettabili (23 milioni), soprattutto se integrate nei 700 milioni di ricavi dal player trading attraverso cui sulla stampa nostrana si sono raccontate meraviglie di Pinto da Costa e suoi accoliti, salvo poi accorgersi di un mondo parallelo dando uno sguardo appena sotto la superficie del mare di elogi.
Di quei 25 milioni dovuti a terzi per parti di cartellino, commissioni e servizi e di tutto l'oceano che si nasconde dietro a quei soldi e quelli arrivati dalle cessioni di un decennio, ne ha parlato in maniera approfondita Enrico Turcato nel suo ottimo articolo, che sbugiarda con fatti e numeri alla mano anni di favolette da calciomercato virtuale degno di Football Manager. 
Viene accentuato peraltro il ruolo preponderante di Jorge Mendes in un sistema circolare che ha premiato soprattutto lui: si rassegnino quei tifosi della Fiorentina che in questi giorni hanno estratto dal cilindro i peggio epiteti per definire il sottoscritto, Jorge Mendes nel mercato rappresenta il banco e il banco, come ben noto, vince sempre.
Jorge Mendes e Pinto da Costa

Tornando al Porto, il mettere mano a un passivo di bilancio così esangue da rischiare le privilegiate cure della Uefa in termini di monitoraggio ha comportato diverse soluzioni: la prima, quella di dare atto a una sofisticata manovra di finanza creativa attraverso la quale il Porto ha ceduto la metà del suo principale asset patrimoniale, l' Estadio do Dragao, dall'ente associativa(il club) all'ente finanziaria (SAD) potendo così provvedere all'aumento di capitale che ha messo una pezza sui conti.
Sì, ma se l'operato del Porto è destinato costantemente a generare perdite perchè gli introiti sono virtuali, come scrivo sopra, quanto può durare un aumento di capitale? Osservazione molto acuta, a cui ovviamente anche quelli del Porto hanno pensato ben prima di chiudere un esercizio che sapevano perfettamente sarebbe andato nella direzione opposta al positivo.
E infatti una risposta si può reperire in quello che accade tra l'Ottobre del 2013 e il Gennaio del 2014, allorché il club portista chiede ed ottiene tre prestiti bancari per un totale di circa 28M e diverse modalità di erogazione: due sono concessi da Banco Novo, la banca messa in piedi per ereditare gli asset sani del Banco Espirito Santo a seguito del crack di un anno fa (crack a causa del quale peraltro il Benfica si è dovuto ricomprare a 29mln mezza squadra che al Banco Espirito Santo apparteneva), l'altro viene concesso da Millennium Bank.
Tali prestiti si accodano agli altri quattro precedentemente erogati da Banco Novo, Millennium Bank e BPI.
Il lettore attento, a questo punto della storia, si sarà già posto una legittima domanda: se il Porto è messo così male come si dice fino a questo punto dell'articolo, quali garanzie di restituzione può dare alle banche?


Qui arriva il punto focale della storia, perché il dubbio viene dissipato dal Report Annuale dell'ente finanziaria portista, la SAD, che specifica come la rinegoziazione di uno dei prestiti (il più grosso di tutti, da 25 milioni di €) sia passata da due bizzarre garanzie collaterali: i diritti economici su Danilo e Jackson Martinez, ovvero i giocatori che in quel momento avevano la più alta valutazione di mercato.
Si dice a chiare lettere che se il Porto venderà il 100% della proprietà di Jackson Martinez e Danilo la cifra che incasserà, al netto delle commissioni, dovrà essere utilizzata per rimborsare la cifra stabilita nel contratto di prestito.
"Al netto delle commissioni" non è un dettaglio da sottovalutare se guardiamo cosa resta della cifra che il Real Madrid ha già sborsato per Danilo qualche mese fa dopo essere passata sotto il rullo di intermediari, diritti di formazione e costi accessori: nello specifico sono 7,8 milioni in meno sulla cifra totale che finiranno in spartizione tra Atletico Mineiro (1,5 mln), Santos (1,8 mln), intermediari anche noti come Jorge Mendes (4 mln) e assicuratori di polizze sugli infortuni (500mila Euro).
Vedremo appena noto cosa resterà poi dei 35 milioni spesi dall'Atletico Madrid per portarsi a casa Jackson Martinez.

Il documento che attesta provenienza, importo e garanzie collaterali dei prestiti bancari al Porto


Ad ogni modo, avendo il prestito scadenza nel Settembre 2015, potete ben intuire per quale motivo il Porto abbia messo sul mercato i due novelli asset finanziari già a metà stagione. 
In una situazione di boccheggio finanziario, nonostante le fanfare che siamo abituati a sentir suonare sul Porto, val bene anche trasformare due esseri umani in una garanzia bancaria, alla faccia dello stile.
E non sono neanche gli unici: nel vortice ci è finito anche Helton, il portiere, usato per garanzia collaterale a un prestito di 3,5 milioni di Euro, scadenza Giugno 2017. Oltre ovviamente all'ipoteca di immobili appartenenti al club e le altre garanzie accessorie comunemente usate quando c'è da garantire un prestito.

Il Porto deve alle banche 149,8 milioni di Euro, ma è l'unica in Portogallo ad aver usato i giocatori come garanzie alla banca. Questo presuppone che il Porto non sia la pecora nera del calcio portoghese, visto che il Benfica deve alle banche 293,5 milioni e lo Sporting Lisbona 110 milioni.
L'intero sistema portoghese fa acqua da più parti, solo che in questo emmental finanziario il Porto sembra sempre vivere in un'isola felice fatta di incassi e plusvalenze stratosferiche.
Il club sa perfettamente che non potrà continuare vita natural durante con un sistema così spregiudicato senza che nulla accada e proprio in questi giorni sta cercando di chiudere accordi di sponsorizzazione che fruttino qualcosa di più dei circa 4 milioni all'anno che Portugal Telefonica gli ha versato nell'ultimo decennio.
Ad oggi il main sponsor più vicino al club portista sembra essere Fosun, un colosso privato cinese (manco a dirlo) operante in diversi settori merceologici che compare spesso su Forbes.
Attraverso i cinesi, il Porto cerca di risolvere con uno stratagemma anche i suoi enormi dissesti finanziari, visto che Fosun ha già acquisito in Portogallo una compagnia assicurativa.
Il bersaglio grosso di Fosun però è un altro, ovvero una banca. Indovinato? Sì, si tratta proprio di Banco Novo a cui Fosun sta tentando di dare la scalata già da diversi mesi.
Se ci riuscisse, chissà che il Porto non ci guadagni con la rinegoziazione di quei prestiti che portano un club a dover vendere a prezzi esorbitanti quelli che rappresentano la loro unica ancora di salvezza in termini, anche se si tratta di darli in mano alle banche.

Pensiamoci bene, prima di accodarci la prossima volta ai vari lanzichenecchi che ci racconteranno le mirabolanti gesta di Pinto da Costa: lo dico a costo di passare per presuntuoso, perchè basta veramente spulciare il grosso dei giornali portoghesi per rendersi conto di come stanno le cose.

Ora dite la verità: ci credete ancora nel meraviglioso "Modello Porto"?



martedì 23 giugno 2015

Tra sconfitte legali e colpi di coda: il FFP al punto di svolta



E alla fine arrivò il bivio: per la Uefa è la settimana cruciale in tema di Fairplay Finanziario, la settimana in cui ci si attende che molto cambi nel regolamento introdotto nel 2009 che ha già lasciato sul suo cammino diverse vittime e ha permesso ad altre di raggiungere compromessi per sistemare la propria situazione.

Già due mesi fa Michel Platini aveva gettato la spugna e preannunciato ammorbidimenti in arrivo sul fronte regolamentare, a seguito di diverse critiche da esperti e addetti ai lavori che hanno puntato il dito su come il sistema avviato nel calcio europeo finisca per cristallizzare le gerarchie: chi è entrato nel regolamento in un momento finanziariamente felice avrà sempre di più e chi ci è entrato in un momento buio o semplicemente non è strutturato per ottemperare pienamente alle regole avrà inesorabilmente sempre meno.

Un punto fondamentale a favore di chi ha contestato legalmente il regolamento é stato segnato oggi al Tribunale di Prima Istanza di Bruxelles, come era nell'aria.
Il giudizio della corte belga è il punto di arrivo di un percorso legale durato due anni, che sarà meglio enunciare con ordine e precisione, per ben capire quanto l'ago della bilancia si possa ora spostare verso un ammorbidimento che la Uefa potrebbe a questo punto trovarsi a dover necessariamente garantire.
Inizia tutto il 6 Maggio 2013 con un reclamo formale che l'avvocato belga Jean Louis Dupont, l'uomo che ha già cambiato le regole del gioco 20 anni fa guidando l'istruttoria che ha portato alla storica Sentenza Bosman, invia alla Commissione Europea in rappresentanza dell'agente italiano Daniel Striani, rappresentante di calciatori come El Kaddouri e Benalouane e che opera in Belgio.
Nel reclamo di Striani vengono citate le seguenti restrizioni date dalla "Break-even rule" (articolo 57 del regolamento FFP), che nello specifico enuncia come le spese di un club non debbano superare i ricavi:

- Restrizione sugli investimenti
- Fossilizzazione della struttura di mercato pre-esistente
- Riduzione del numero dei trasferimenti e conseguentemente riduzione dell'importo e dei giocatori sotto contratto
- Effetto distorsivo sugli ingaggi dei calciatori e conseguentemente sulle commissioni degli agenti

Inoltre, cosa su cui l'intero impianto del reclamo va a porre le fondamenta, si registra la violazione di tre principi di libertà fondamentali nell'UE: libertà di capitali, lavoratori (quindi calciatori) e servizi(quindi agenti). 
Nel reclamo si puntualizza inoltre quanto non sia necessario proibire l' "overspending" (cioè lo spendere più di quanto si ricava) purché tale overspending sia garantito dalle strutture bancarie che lo accompagnano.
In base a quanto sopra, nel reclamo si richiede alla Commissione Europea di dichiarare nulla la Break Even Rule.
Daniel Striani

Con la Commissione Europea, che si esprime sulla vicenda un anno dopo, le cose non vanno bene: il reclamo di Striani non apre un'inchiesta, decisione presa in base all'inconsistenza dell'asserzione secondo cui il FFP ridurrebbe il numero di trasferimenti, al fatto che non ci sono state altre lamentele nei precedenti 4 anni e che i clubs hanno contribuito alla stesura e supportato la regola su cui si basa il reclamo.
In più, nello stesso periodo, ci sono 9 club sotto investigazione che accettano di patteggiare la sanzione con la Uefa, tra cui Inter e Roma.
La battaglia di Striani, sempre più solitaria, sembra finita su un binario morto.
Tuttavia, ad Ottobre, la Commissione Europea dichiara che non intraprenderà ulteriori azioni ritenendo che il tribunale di prima istanza di Bruxelles sia nella posizione migliore per valutare il reclamo.

Striani scopre nel frattempo di poter contare su qualche alleato: alcuni colleghi agenti, un'entità di tifosi del Manchester City ("Manchester City Fc Supporters Club") , che perorano la sua causa a seguito della sanzione subìta dal club e un altro gruppo di tifosi del PSG che, nella stessa situazione degli inglesi, tentano di adire alle vie legali (non è chiaro come sia finita la vicenda) con la medesima tesi di Striani sulla violazione dei principi di libertà dell'UE.
L'udienza al Tribunale di Prima Istanza di Bruxelles si tiene il 26 e 27 Febbraio 2015 e fin da subito le istituzioni sembrano tendere verso una decisione che venga incontro alle ragioni di chi ha sporto reclamo: è soprattutto per questo che Michel Platini gioca d'anticipo annunciando l'ammorbidimento delle regole in un'intervista rilasciata il 18 Maggio successivo.

Fino ad arrivare all'epilogo odierno: il Tribunale di Prima Istanza di Bruxelles dichiara che si farà garante delle misure richieste dai reclamanti.
Ovvero: la fase 2 del FFP, in cui i club dovranno passare dai 45Mln di € di perdita massima a 30, deve rimanere invece invariata rispetto alla fase 1, facendo in modo che non cambi nulla in termini di tolleranza sulle perdite.
In più, successo ancor più importante per Striani e Dupont, la Corte belga si impegna a riferire il caso in un'udienza preliminare alla Corte Europea di Giustizia, richiedendo alla Corte Suprema dell'Ue se la Break Even rule viola le libertà fondamentali di cui si è parlato sopra eludendo il trattato dell'UE stessa.
Un provvedimento che sospende l'attuazione della fase 2 del FFP anche se la UEFA pare intenzionata a impugnare la decisione, tenendo in sospeso il provvedimento.
La soddisfazione di Dupont e dei suoi rappresentati è ovviamente massima ed è lo stesso Dupont ad auspicare che la Uefa metterà in campo quantomeno la rinuncia alla fase 2 del FFP mantenendo il deficit dei club a una tolleranza di 45mln di €, in attesa che la Corte Suprema si pronunci.
L'avvocato Jean-Louis Dupont

Il Comitato Esecutivo di Praga che la Uefa sosterrà il 29 e 30 Giugno diventa così l'occasione per rivedere le regole, ammorbidirle e decretarle.
Dalle indiscrezioni trapelate, oltre alla possibile rinuncia, sospensione o posticipo della fase 2 del FFP, dovrebbe essere varata a breve una regola che permette ai nuovi proprietari un periodo di spesa accelerata per garantire al club la crescita dei ricavi negli anni successivi, fino al raggiungimento del famigerato Break-Even, il punto di pareggio.
Non è ancora stato chiarito se tali modifiche che ci si aspetta salvo colpi di scena avranno funzione retroattiva andando ad impattare sulle sanzioni già comminate ed attualmente valide: ne sapremo certamente di più da mercoledì prossimo.

Intanto però la Uefa ha provveduto ad un colpo di scure aspro e senza precedenti: alla Dinamo Mosca, sanzionata per aver infranto le regole FFP, è stata comminata l'esclusione dalle Coppe Europee per 4 anni.
Si tratta del provvedimento più severo nella storia pur giovane del Fairplay finanziario e segue le sanzioni a Krasnodar e Lokomotiv Mosca che però, a differenza della Dinamo, avevano patteggiato e hanno evitato l'esclusione dalle coppe, che entrambe giocheranno.
C'è chi parla senza mezzi termini di ritorsione politica a seguito dello scandalo Fifa che pone la Russia in una posizione delicata, ma al di là delle congetture la Uefa dimostra con questo colpo di coda che
 se da una parte gioca sul tavolo dei club, dall'altra li bastona duramente qualora non si arrivi ad un accordo.

In quella che sarà un'estate che dirà sicuramente qualcosa sul futuro del FFP, rimaniamo con una sola certezza: la battaglia è appena cominciata.
Per sapere chi deporrà le armi per primo, la sensazione è che ci vorrà molto più di un triennio di monitoraggio...

lunedì 22 giugno 2015

Senza soldi, Kon dogbia




Senza soldi forse, ma Kon dogbia.
Il colpo più inaspettato del mese, se non dell'intera estate ha vissuto oggi i suoi fuochi d'artificio in una Piazza milanese gremita di nerazzurro. In ballo non c'era un trofeo, o forse sì: perché, diciamocelo, Kondogbia è forte e potenzialmente un fuoriclasse, ma la gran parte della folla è stata mossa dalla sensazione di essersi portata a casa un trofeo dalla caccia grossa contro i vicini di casa che ce l'hanno menata per settimane, prima di farsi sorpassare tra le curve di Montecarlo.
O forse no, forse la pole position l'avevamo fatta noi e loro si sono persi nella corsia dei box a fare un cambio gomme che gli ha portato via quei secondi preziosi che hanno permesso alla scuderia Ausilio-Fassone di farsi sventolare la bandiera a scacchi portando a casa il giovanotto, poi a sua volta sventolato alla folla come una bandiera.

Ci sono e soprattutto ci saranno diverse considerazioni da fare su questo acquisto.
Intanto abbiamo capito che quando si diceva "sparigliare il tavolo" lo si intendeva nel vero senso della parola: via il buffet un po' scolorito da All you can eat senza pretese e dentro una goloseria da bistrot di pregio, che per quanto ne sapevamo fino a una settimana fa poteva finire nei ristoranti stellati di Londra o nella nuova gestione di quelli dell'altra sponda, che almeno per il momento continuano ad essere una pizzeria con un menu à la carte di grandi piatti su cui campeggia la scritta "prossimamente".
Abbiamo capito che Thohir ha i piedi per terra ma sa anche stare su un'asticella a fare le contorsioni degne del circense più allenato, perchè è evidente che spendere 30 milioni in piena sanzione FFP è un salto mortale lungo un anno a cui Mancini e squadra dovranno mettere una rete chiamata Champions League.

Non starò a dilungarmi nello spiegare il perchè questa operazione, peraltro con pagamento triennale, non sia espressamente vietata da nessun regolamento nè accordo, visto che c'è chi l'ha spiegato certamente meglio di me.
Preferisco invece ricordarmi di come il progetto sia in ritardo di un anno, perchè la tabella di marcia prevedeva che la Champions League arrivasse a partire dalla imminente stagione (ah, qualora vi fosse sfuggito, visto il low profile con cui è stata data la notizia, la Champions League è in esclusiva su Mediaset e non sarà visibile sulla paytv satellitare, ndr).

Me lo aspettavo? No, non me lo aspettavo. Mi aspettavo una campagna acquisti ricca ma fatta di ingredienti sostanzialmente poveri, con un tocco di qualità che però non facesse impennare il prezzo con cui la ricetta arriva poi a tavola.
Mi aspettavo che il Milan, forte di Lucas, non arrivasse a un suo ex assistito? No, non me lo aspettavo. Anche perchè gli scenari iniziano ad essere più torbidi, ora che è evidente come il fondo non stia facendo nulla in linea con il comportamento normale di un fondo.
E se fosse vero ciò che ha dichiarato oggi Bellinazzo, cioè che di dané ghe n'é minga o quantomeno non ancora, dovrei necessariamente riaprire tutto il fronte del ruolo di Doyen nel Milan.
Fermo restando che quanto da me enunciato sul funzionamento standard di un fondo rimane più che valido e che la mia presa di posizione sulla vicenda partiva da una realtà fatta di 35 milioni al Porto che a questo punto potrebbero non essere mai esistiti.

Oggi Tuttosport si premura di alzare l'ipotesi che Doyen sia passato dalla parte dell'Inter, posizione che prometto di monitorare nelle prossime settimane perchè il mio club in mano ai venditori di fumo io non lo vorrei nemmeno se mi portasse Messi nel mio giardino a fare la "tedesca".
Si cita anche Miranda, collegandolo alla privilegiata gestione del fondo di Lucas nell'Atletico Madrid. Cronologicamente, però, non ci siamo: Miranda fu acquistato nel Gennaio del 2011, Doyen mise le mani sull'Atletico Madrid 10 mesi dopo escludendo dunque ogni correlazione che gli permetta di avere una voce in capitolo, anche perchè chiunque pensa che Doyen faccia i profitti con i prestiti biennali ci ha capito proprio poco.
L'analisi rivela comunque un approccio alla questione fondi di investimento che continua ad essere superficialmente sbagliata perché, come ripeto da settimane, un fondo di investimento non ha e non avrà mai bandiera: crede solo nella carta frusciante, da qualunque parte essa arrivi e ci prospera. Pecunia non olet, è la storia del mondo.
Considerazione che mi porta ad un'altra doverosa precisazione che in molti sembrano non aver compreso: non è problematico incrociare Doyen o qualsiasi altro fondo di investimento sul mercato, semplicemente perché è davvero improbabile non avvenga. Lo era e lo sarebbe stato ancora in condizione di TPO libere, ma sappiamo che tali operazioni non possono essere più fatte.
L'unico problema che io denuncio, e lo voglio ripetere con forza, è consentire a queste entità di mettere le mani nei e sui club come già successo non lontano da qui.
Voglio sia chiaro ancora una volta come il timore che attanaglia il sottoscritto sia un calcio in cui i club diventino veicoli di profitto per agenti esterni a scapito della propria autonomia gestionale ed economica, in un sacco identitario che può portare solo verso l'ultimo, definitivo baratro.

A monte io sono uno che di Thohir si è sempre fidato, anche quando gli arrivavano le bordate geograficamente sconnesse da un personaggio che sta facendo collezione di scheletri nell'armadio, anche quando i trombettieri di Moratti (Ops, l'ho detto) hanno scambiato un barattolo di pece nera coprente per un'inchiesta che avrebbe dovuto fare luce su aziende ed azienducole, banche ed altre entità strane. Ma di questo ho già parlato in altre sedi.
Mi fido soprattutto perchè capace di fare business negli Stati Uniti, dove per inciso la metà dei nostri dirigenti non passerebbe nemmeno la dogana dell'aeroporto e verrebbe prontamente rispedita a fare impresa nel suo provincialismo dorato, solo leggendo le prime tre righe del curriculum.
Mi fido perchè si è accordato con la Uefa facendo sicuramente il bene del club. Chi non l'ha fatto, le Coppe le ha salutate per un bel po'.
Mi fido, ma non abbasso per questo la guardia, curioso di capire in che modo faremo lo slalom tra i paletti della Uefa senza inforcare lungo il percorso e curioso di capire se c'è una sola correlazione con fondi di investimento a indirizzo sportivo (quelli a indirizzo finanziario li ha già messi in fila Goldman Sachs nell'ambito della ristrutturazione del debito).

Per ora mi limito a respirare l'aria buona al di fuori del fortunale lasciato alle spalle, in attesa di studiare le manovre che dalla tempesta ambientale ci hanno fatto uscire.
Senza cieca faziosità.
Ma intanto Kon dogbia.



venerdì 19 giugno 2015

La marcia degli invisibili: l'estate delle coppe europee



"A Settembre iniziano le coppe europee".
No, signori miei: le coppe europee iniziano a Luglio, almeno per quanto riguarda il calcio giocato perché poi lo sappiamo che ai fini del vile danaro l'affermazione con cui si apre questo post assume perfettamente senso.
Eppure nell'estate intorridita da trame e veleni di mercato, di cui sicuramente avete trovato menzione in questo spazio, c'è un fitto sottobosco di sogni, speranze e reti che si gonfiano ancora lontani da battaglie sui diritti tv e dettagli in altissima definizione.
Un sottobosco di invisibili che meriterebbero un primo piano meno effimero di un risultato in un trafiletto.
Dunque vediamole queste squadre del firmamento meno luminoso e scopriamo insieme le loro storie, che tanto a parlare delle solite cose siamo sempre in tempo mentre per le invisibili il momento è adesso.



CHAMPIONS LEAGUE - Si parte il 30 Giugno con gli scontri tra le rappresentanti delle ultime 8 nazioni nel ranking Uefa. Tra queste non disdegnerei la SS Folgore-Falciano, la squadra capace di fare il doblete di San Marino (campionato e Coppa Titano) e che approda per la prima volta nella competizione stellata. Tra gli uomini che cercheranno di fare la storia c'è anche Francesco Perrotta, il calciatore che segnò uno dei due soli gol della Folgore in Europa, ma che valse anche l'unico risultato utile mai conseguito dal club oltreconfine (1-1 contro l'Elfsborg nei preliminari di Europa League).

Non potrà scontrarsi con il Lincoln Red Imps, la squadra riconfermatasi campione di Gibilterra che partecipa per la seconda volta su due tentativi: l'anno scorso almeno un pari se lo portarono a casa, poi si arresero contro l'HB da Far Oer. Nel club rossonero gioca anche Roy Chipolina che è nella storia del suo paese per aver siglato il primo gol in assoluto di Gibilterra in un match riconosciuto dalla UEFA. Contro chi? Far Oer ovviamente, in nome di corsi e ricorsi immancabili.

Dal secondo turno (14-15 e 21-22 Luglio) entrano team di altro blasone come Steaua Bucarest e Celtic, ma dietro c'è una folta schiera a giocarsi la gloria cercando l'effetto sorpresa.A partire da due conoscenze dell'Inter: il Qarabag, la squadra di una città fantasma in una terra di mezzo e lo Stjarnan, che capitasse con gli scozzesi potrebbe magari permettere ai propri giocatori di portarsi la famiglia in gita ad Hampden Park come a San Siro un anno fa.

Nella griglia delle non teste di serie ci sono anche i lussemburghesi del Fola Esch, seconda partecipazione ai preliminari di Champions e la partecipazione di Samir Hadji, figlio del ben più noto Mustapha che nel Fola Esch terminò la sua carriera culminata dall' exploit a Francia '98. Val la pena aprire anche una parentesi sul Milsami Orhei, che ha vinto il campionato moldavo all'ultima giornata grazie alla classifica avulsa ricavata da un arrivo a pari punti da parte di tre squadre; oltre ad essere il primo titolo nazionale del club è anche il primo assegnato fuori da Chisinau e Tiraspol, le città più grandi del paese. Sul Milsami pesa la situazione del Presidente Shor, accusato di riciclaggio attraverso i suoi istituti di credito ed agli arresti domiciliari durante la vittoria del titolo da parte della sua squadra.

E a proposito di storie chiaccherate tra le squadre partecipanti, il team che rappresenta la Georgia ne serba un'altra. Il Dila Gori, con base nella città che ha dato i natali a Stalin, ha vinto piuttosto agevolmente il suo campionato ma la partita con lo Zestafoni l'ha vinta a tavolino perchè, secondo la tesi di questi ultimi, quelli del Dila gli avrebbero fatto pressioni per perdere e per questo si sono rifiutati di scendere in campo. La giustizia sportiva locale l'ha vista però diversamente, adducendo una questione di stipendi non pagati per il quale lo Zestafoni è stato retrocesso d'ufficio in seconda divisione e verrà espulso dalla federazione se entro il prossimo anno non avrà saldato il debito.

Dal terzo turno del torneo invece tutto inizierà ad assumere un contorno ben più ampio, vista la notorietà delle squadre che vi partecipano: senza scendere in dettagli ben conosciuti citerei Ajax, Monaco, Basilea, Redbull Salisburgo, Cska Mosca, Shakhtar Donetsk.

Tutto sarà visibilissimo quando sarà il momento di sostenere il playoff di ingresso alla fase a gironi, in cui è bene ricordare che alla Lazio serve un miracolo, quale l'eliminazione contemporanea di Ajax, Cska e Shakhtar, per evitare il gruppo delle teste di serie con l'incubo Manchester United e lo spauracchio Valencia.

Ma a quel punto, molte delle invisibili se ne saranno già andate e qualcuna, chissà, si sarà già trasformata in una scintillante cenerentola.




EUROPA LEAGUE - Soprattutto la seconda competizione continentale è una miniera inesauribile di squadre semisconosciute, arrivate alla qualificazione in modo inaspettato e in certi casi grottesco. Diciamo subito che le licenze Uefa non assegnate hanno sconvolto buona parte del tabellone di qualificazione permettendo a una squadra come il Botosani di farne parte. Mai sentita? Niente di male, perché solo chi segue tutta la struttura calcistica in Romania poteva sapere che esisteva questa squadra arrivata in prima divisione per la prima volta solo due anni fa.
Un miracolo, quindi? Non esattamente: è che il Cluj è squalificato dalle competizioni europee per tre stagioni su disposizione Uefa in materia Fairplay finanziario e  le altre tre a seguire (Petrolul, Universitatea e Dinamo Bucarest) non hanno ricevuto il via libera per infrazioni nella stessa materia. Quindi il Botoșani accede da ottava in classifica, come se in Italia ci andasse l'undicesima piazzata.

Ancor più surreale il caso del Saxan, rappresentante di una cittadina di 19mila abitanti arroccata nelle montagne della Moldavia confinante con l'Ucraina e quinta classificata nel campionato moldavo: il posto le è stato assegnato perchè l'Fc Tiraspol ha chiuso i battenti a fine stagione, scomparendo dal calcio locale e continentale.
Nello Jurmala peraltro gioca un nostro connazionale, Francesco Vivacqua, 21enne cresciuto nelle giovanili Lazio e passato nel Taranto.

Tra chi invece si è guadagnato la qualificazione sul campo non trascurerei affatto i maltesi del Balzan, un villaggio di 3979 anime che si ritrova per la prima volta a volare oltre i confini dell'isola mediterranea e gli irlandesi dell'UCD, arrivati in Europa grazie al posto nella classifica Fairplay e unica squadra universitaria a partecipare a un torneo continentale: UCD sta infatti per University College Dublin.
Tra le "vecchie glorie" del primo turno figurano anche West Ham (classifica fairplay), Rosenborg, Stella Rossa, Brondby e Aberdeen.

Dal terzo turno preliminare, a fine Luglio, oltre alla Sampdoria entreranno Borussia Dortmund, Athletic Bilbao e Rubin Kazan, che proprio oggi ha preso il posto della Dinamo Mosca esclusa per violazione del Fairplay finanziario. Oltre a questi nomi ben conosciuti c'è spazio però per inediti partecipanti quali gli austriaci del Rheindorf Altach, provenienti da un borgo al confine con la Svizzera che fa meno abitanti (circa 7000) di quanti ne può tenere lo stadio: da loro ha giocato durante l'ultima stagione l'ex presunto fenomeno del Bologna Marti Riverola che i felsinei hanno prestato alla neopromossa austriaca poi giunta terza.

Da non perdere anche la storia dell'Istanbul BB, una squadra appartenente alla municipalità di Istanbul che gioca praticamente senza tifosi, alla stregua del nostro Chievo. Laggiù la prendono sul ridere e intonano cori come "Bize her yer deplasman" (Giochiamo sempre fuori casa). Il presunto match fixing  da cui i turchi sono stati scagionati alla pari della Sampdoria non ha minato la prima partecipazione europea di sempre.  Lo stadio, inaugurato nel 2014, è intitolato a Fatih Terim.
Oltre al Belenenses, venduto nel 2012 a un fondo di investimento che acquisisce il controllo del pacchetto azionario con 469 euro in una delle classiche torbide storie portoghesi, si saluta il ritorno del Southampton e del Bordeaux, l'esordio dei transilvani del Târgu Mureș e la continuità dell'Atromitos di Napoleoni, alla quarta partecipazione consecutiva.


Per tutti il sorteggio del 22 Giugno è l'inizio della marcia: da invisibili a rivelazioni, lo spettacolo è davvero da romantici del pallone e allora buona estate di coppa, a chi partecipa e a chi assiste. 
Gli irriducibili dello "skip intro" ripassino invece a Settembre...



martedì 16 giugno 2015

Braga di tela: le mani di Mendes&Co. sulla Fiorentina




Che la Fiorentina stesse operando una decisa svolta nel suo percorso di crescita rimasto incompiuto durante l'era Montella era nell'aria da diverso tempo.
Che scegliesse di contornarsi di una nutritissima kermesse di personaggi esperti nella promiscuità e nel profitto individuale in sede di calciomercato, però, si poteva anche pensare non avvenisse o almeno non nei termini che si iniziano a intravedere nella selva del rimpasto dirigenziale.
Anche se alcuni, come vedremo più avanti, non se ne erano in realtà mai andati.

lunedì 15 giugno 2015

L' "Imbulata": scacco matto di Mendes al Valencia



Quando si parla Jorge Mendes ti vengono in mente i vari operatori dell'informazione mercatara che puntualmente ad ogni fine mercato dispensano elogi e riverenze al "Re del mercato", colui che è capace di trovare un affare persino sotto un sasso tanto è abile.
L'abilità di stringere contatti, fornire servizi di brokeraggio calcistico e rappresentare giocatori a tutti i livelli non manca di certo al Deus ex Machina del calciomercato mondiale, che però non riuscirebbe mai a portare a termine la sua opera senza lasciarsi alle spalle il polverone che si alza dopo il suo passaggio.

Quella che arriva dalla Spagna è una storia di mercato che diventa l'emblema assoluto di come il territorio entro cui ci si muove per acquistare giocatori sia sempre più sbarrato ai club, che dovrebbero essere secondo logica gli unici interessati ad occuparlo, e sempre più riservato alle figure che si muovono sotto la superficie di questo oceano di affari, soldi e giochi di potere.
Protagonista della storia è il Valencia, un club passato da un grave indebitamento attraverso cui ha ceduto giocatori del calibro di Mata e Silva senza tuttavia venire a capo del profondo rosso di bilancio ad essere uno dei club maggiormente attivi e spendaccioni sul mercato con l'avvento di Peter Lim e la gentile consulenza dell'amico Jorge Mendes.

I fatti , così come vengono ricostruiti in maniera coerente e concorde sia da Plaza Deportiva che da El Mundo e vengono analizzati allo stesso modo nell'editoriale del sito vicino al Valencia DiarioDeMestalla.com, sono i seguenti: all'inizio della scorsa settimana si tiene una riunione tecnica all'interno del club per decidere le strategie di mercato più urgenti in vista di una stagione molto impegnativa. All'incontro partecipano Amadeo Salvo, Presidente del club; Rufete, DS del club e Nuno Espirito Santo, allenatore del club.
Tra le tante esigenze discusse c'è quella del centrocampista difensivo da portare al Mestalla per una stagione che prevede anche la possibilità di entrare in Champions League tramite playoff: Nuno propone Rodrigo Caio, proveniente dal Sao Paulo ed indicato come elemento di spessore, ma la società vorrebbe operare un blitz a Marsiglia per chiudere l'affare che riguarda Giannelli Imbula, con cui esiste già un accordo verbale e per cui si tratta solo di limare le condizioni con l'Olympique. Stando alla ricostruzione unanime della stampa spagnola, Nuno Espirito Santo avalla il trasferimento del centrocampista nel mirino di tante squadre tra cui l'Inter e fa in modo che Rufete e Salvo partano alla volta della città marsigliese il mercoledì successivo.

DS e Presidente trattano ad oltranza con l'Olympique forti del sì del giocatore ed arrivano al forcing finale il venerdì appena trascorso, in cui la differenza tra offerta e richiesta scende a un solo milione ed è opinione comune che l'affare sia ormai in dirittura di arrivo.
Finché succede una cosa a dir poco sconcertante: all'insaputa totale di Salvo e Rufete, il Sao Paulo comunica di aver raggiunto un accordo con il Valencia per la cessione a titolo definitivo di Rodrigo Caio. I due dirigenti in missione a Marsiglia, con l'obiettivo di portarsi a casa Imbula, apprendono la notizia che coinvolge il loro club dai mezzi di comunicazione, alla stregua di due tifosi qualsiasi.
Cos'é successo? È successo che Nuno Espirito Santo, dopo la riunione tecnica, abbia avuto contatti con Jorge Mendes e successivamente si sia messo poi in contatto con Peter Lim per richiedere l'acquisto di Rodrigo Caio, pur sapendo che la sua dirigenza era impegnata in forze per tornare a Valencia con Imbula.

Iniziativa isolata? Difficile crederlo, conoscendo il rapporto che lega Nuno a Mendes. Oltre che essere suo rappresentante, Mendes è anche un amico fraterno di Nuno che rappresentò il suo primo affare nel mondo della procura calcistica quando ancora l'attuale tecnico era un portiere. E sempre a cura di Mendes Nuno iniziò la carriera successiva nelle file del Rio Ave per poi finire sulla comoda panchina valenciana, resa morbida dai danari del Senor Lim. Il quale dà il via libera per l'acquisizione di Rodrigo Caio, che avviene in tempi serratissimi lasciando Salvo e Rufete con un bel cerino, o forse più un tizzone ardente, in mano.

Succede anche questo nel calciomercato che ci viene raccontato come una appassionante competizione dove vince chi è più bravo: può veramente accadere che un allenatore e un consulente di mercato possano avere molto più potere decisionale di un Direttore Sportivo e di un Presidente.
Di più: possono fare il lavoro di DS e Presidente tenendo all'oscuro chi occupa quelle cariche.
Una contraddizione gigantesca in termini, che dà l'idea di come i club che affidano il proprio mercato a soggetti esterni finiscano per perdere totalmente la propria autonomia decisionale sulla gestione sportiva rimediando anche una magra figura agli occhi del mondo, riducendo il loro ruolo dirigenziale ad una carica(tura) buona solo per l'organigramma da pubblicare.
La conseguenza di tutto ciò è che Imbula torna sul mercato e attraverso il padre rappresentante strizza l'occhio ad altre squadre, dopo essere stato sedotto e abbandonato dal Valencia.

In questa storia non è tanto importante capire chi sia più forte tecnicamente tra Rodrigo Caio e Imbula e quale affare potrebbe rivelarsi migliore, perché i dirigenti del club avevano preso in considerazione una sola trattativa e Rodrigo Caio probabilmente non sapevano nemmeno che faccia avesse.
Quando poi però si vanno a vedere le cifre, anche il meno disincantato degli appassionati di mercato inizia a farsi qualche domanda, qualora non bastasse già la grottesca cronologia degli eventi: ad esempio, per quale motivo il Valencia paga Rodrigo Caio 12,5 milioni di Euro quando il noto sito Transfermarkt riporta che il suo valore in termini assoluti è di soli 2 milioni?
E anche volendo considerare in errore il solitamente affidabile Transfermarkt, non è un gigantesco conflitto di interessi che questo acquisto sia condotto da Jorge Mendes all'insaputa dei dirigenti, agendo nel doppio ruolo di DS ed agente di giocatori e dando l'impressione che si telefoni da solo per portare avanti una trattativa sugli emolumenti al calciatore?
Quest'ultimo quesito trova un'efficace risposta nel recente passato, giacché il portoghese aveva già interpretato il promiscuo ruolo per conto di un Monaco in cui agendo da DS mascherato da consulente portò nel 2013 i suoi assistiti Falcao, James Rodriguez e Joao Moutinho per citare solo i giocatori spostati a cifre esorbitanti, incassando su ognuno la lauta commissione sui trasferimenti orchestrati sedendo da ambo le parti del tavolo.
E alle cifre che non tornano sul trasferimento del 21enne Rodrigo Caio, possiamo tranquillamente affiancare gli acquisti di Enzo Perez (25 milioni) e i recenti riscatti obbligatori di Rodrigo Machado(30 milioni), Joao Cancelo(15 milioni) e André Gomes(altri 15 milioni): assieme al brasiliano, una batteria di 5 nomi che sono costati in tutto al Valencia 97,5 milioni di Euro pur non avendo mai messo piede nel calcio che conta davvero ma con una caratteristica in comune fondamentale, il fare tutti parte(direttamente o indirettamente) della Gestifute di Jorge Mendes.
I loro dorati trasferimenti assicureranno al "consulente di mercato" un' altra estate di commissioni dorate: scacco matto, alla faccia del mercato libero e concorrenziale.

Una vera Imbulata per il Valencia e per i suoi dirigenti.
E pensare che il calciomercato è solo alle battute iniziali.


domenica 14 giugno 2015

Doyen tra caricature, spropositi e incuranza: facciamo a capirci






Per chiunque si voglia avventurare nei meandri dell'operato di Doyen Sports Investments, c'è una conditio sine qua non: per capire almeno a grandi linee di cosa si tratta non si può ragionare per estremi.
Per intenderci non si può estremizzare dicendo che Doyen sia al servizio di un club, semplicemente perchè andiamo fuori strada prima ancora di partire e non si può nemmeno estremizzare dicendo che Doyen sia la mafia, perchè non è così e perchè l'unico effetto che ne otterreste è sviare il vostro ragionamento su un'immagine denigratoria che vi condiziona senza darvi modo di comprendere in modo serio ciò di cui state parlando.

Seconda fondamentale premessa: non vi aspettate di capire per filo e per segno l'attività di Doyen Sports attraverso stralci di informazione presi di qua e di là. Il sottoscritto ha iniziato a studiare seriamente il fenomeno poco meno di un anno fa e non è ancora venuto a capo di tutte le dinamiche in cui il gruppo mette mano, perchè sono in continua evoluzione e perché sono lontane anni luce da tutto ciò che abbiamo visto fino a questo momento nel calciomercato italiano.
Una breve ed essenziale antologia di ciò che Doyen ha fatto fino a questo momento l'avevo già pubblicata e la trovate qui.

Ora, veniamo a noi: cosa sta facendo Doyen nel Milan? C'è grande confusione sull'argomento, soprattutto per le mancanze dei media che per incuranza, convenienza o chissà cos'altro si stanno tenendo sul vago facendo scorrere tra le loro notizie solo sfuggenti fotogrammi dell'attuale situazione.
Tanti, tantissimi si stanno nascondendo dietro al dito del provvedimento Fifa che ha abolito le TPO (Third Party Ownership), come se un'entità che ha svolto per anni un'attività dichiarata illecita divenisse all'improvviso una onlus che ha come missione il bene dei club.
Se delle TPO parlano ormai tutti, delle TPI (Third Party Investment) non parla nessuno. Il passo è breve ma sostanziale: da proprietaria parziale o totale di cartellini, si diventa investitori e finanziatori di cartellini. O, per dirla in modo più caro alla nostra stampa, si diventa advisors di mercato, il ruolo che Doyen sta de facto svolgendo per il Milan.
Iniziamo col dire che la pratica è legale o, per meglio dire, non è stata attualmente regolamentata perchè rappresenta una frontiera che gli organi preposti al controllo non avevano mai preso in seria considerazione.
Il funzionamento è assolutamente lineare: la TPI mette avanti una percentuale in finanziamento destinato all'acquisto di un calciatore e in cambio percepirà la medesima percentuale su quella che sarà la cessione del giocatore stesso. Facilmente intuibile é come la percentuale finanziata su un Jackson Martinez da 35 milioni di Euro sia particolarmente corposa, perchè un club che fa mercato a zero da almeno tre anni non trova improvvisamente una montagna di denaro dimenticato in un cassetto della propria sede. Com'è facilmente intuibile che non sarà il Milan a decidere quando un giocatore finanziato da altri si deve muovere, del resto Doyen non va certo a infiltrarsi in club dove non può avere posizione dominante.

Né potrebbe mai essere credibile la versione secondo cui "Mr. Bee ha cacciato i soldi", perchè a differenza dei media che tengono in vita la favoletta anni '90 dei Presidentissimi che cacciano la grana da soli, chi vive nell'anno 2015 ha assunto già da diverso tempo che quei tempi sono morti e sepolti e che ogni club oggi è un dedalo finanziario.
Come se non bastasse sapere che il buon Mr. Bee nella vita fa il collettore di capitali, o se preferite il broker, e non l'imprenditore. Il suo ruolo è fa convergere capitali all'interno di una transazione, non immetterli.
Anche perché Forbes ha già chiarito diverse settimane fa che gli introiti in business di Mr.Bee e famiglia non superano i 100 milioni di dollari, cioè meno di un quarto della cifra che avrebbe secondo alcune "fonti di informazione" immesso per il 48% del Milan.
Soldi falsi? No, semplicemente non soldi suoi. Soldi cinesi che Bee ha fatto convergere verso il Milan, mediando la transazione. E la cui buonissima parte andrà a finire nella holding che controlla il Milan, cioè la Fininvest, che non genera dividendi da tre anni buoni e che ha già venduto a Febbraio una percentuale (7,79%) di Mediaset per ottenere la liquidità perduta e mettere una pezza sui nefasti effetti pecuniari della sentenza sul Lodo Mondadori.

E con il Fairplay finanziario, come la mettiamo? In nessun modo, quanto sta accadendo sull'asse Doyen-Milan non è materia di controllo da parte della Uefa in base alle normative sul Fairplay finanziario. Per un principale motivo: i soldi che il Milan sta impiegando per comprare i giocatori non stanno uscendo dalle casse del Milan, stando alla logica della situazione attuale.
Per farvela spiccia, i giocatori che il Milan comprerà attraverso Doyen saranno qualcosa di molto simile ad un leasing, con il debito verso la finanziaria(cioè Doyen) che sarà riportato sui costi alla voce "altri creditori" o "altre passività" e vedremo a quali cifre tra un anno. 
Una linea che ad esempio il Porto segue da anni, gonfiando il saldo positivo nominale dei giocatori presi con questo "escamotage" o condividendone le proprietà con i vari fondi di investimento quando era ancora possibile farlo.
Con il risultato che mentre i nostri media fanno risuonare la fanfara sulle meravigliose plusvalenze del Presidente Pinto da Costa, il suo club è riuscito a chiudere in perdita di 40 milioni di Euro l'esercizio 2014 pur avendo messo a segno plusvalenze per 23 milioni.
Un dato che si spiega attraverso tante cose, una delle quali è certamente costituita dai 25 milioni che il Porto doveva ai vari fondi con cui ha fatto affari e il cui abuso ha fatto in modo che le gigantesche plusvalenze messe insieme dal club lusitano negli ultimi anni abbiano tenuto il club in linea di galleggiamento invece di arricchirlo, portando alla conclusione che la sovranità gestionale sia sempre meno appannaggio di Pinto da Costa e soci.
Prova ne sia il fatto che per ricapitalizzare le perdite di un anno con plusvalenze "normali", che in un altro club costituirebbero pieno guadagno, il Porto ha dovuto vendere mezzo stadio all'ente associativa perdendo di fatto la metà del suo principale asset patrimoniale. I  media italiani se ne sono accorti? O continueranno a enunciare il Porto come esempio per tutti?
L'unico esempio che può dare il Porto, il più in vista di tanti club che utilizzano la stessa linea, è quello di continuare a finanziare la spesa corrente accumulando debiti nella speranza che nessuno presenti mai il conto invece di adeguarsi alla propria dimensione, ben lontana da quella di un Bayern Monaco che senza giri di danaro strani finisce di pagare lo stadio con 16 anni di anticipo, rendendolo una macchina da soldi e comprando un campione all'anno. 

Con Doyen invece, i campioni arrivano indubbiamente ma le storie possono non avere un lieto fine: chiedere per informazioni allo Sporting Lisbona che è stato depredato di Rojo fatto passare al Manchester United senza garantire plusvalenza al club lusitano e per cui Doyen è finita nei tribunali portoghesi e da domani sarà al TAS di Losanna per argomentare il caso.
Altra contraddizione di un mercato in cui un entità non proprietaria di club può arrivare a chiedere l'affitto sui giocatori ai club.

Doyen non è un ente di beneficenza e non è la mafia, è solo una speculazione che ad oggi in un club come il Milan può portare vantaggi come può portare rischi: io non ho la sfera di cristallo per poter dire esattamente come finirà, ma ho abbastanza elementi per dire che il Milan rischia di barattare i risultati immediati con la propria sovranità gestionale sull'economia del club e sulla rosa.
Hai voglia poi a fare i sit-in sotto la sede, come fu con Kakà.

Che ognuno si faccia la propria idea su Doyen e fondi di investimento, io non starò qui a fare propaganda in un senso o nell'altro ma si tenga ben presente che un calcio capace di andare sulle proprie gambe esiste e funziona perfettamente.
Anche se mi duole veramente dirlo, alle scorciatoie del Milan io preferisco di gran lunga il lavoro di programmazione della Juventus che sta giustamente raccogliendo i frutti di un'opera che, nonostante qualche facilitazione lungo il percorso, ha fatto nascere sotto una buona stella.

Perchè a mio opinabile parere, la storia dimostra che a vivere sopra le proprie possibilità alla fine si cade sempre rovinosamente.









Inizia il viaggio



Si sbarca sul blog, dunque.
Prima o poi è inevitabile se hai tante cose da dire e spazio limitato in cui agire.
Ci sono tante ragioni che mi hanno portato a cercare un nuovo mondo in cui continuare la mia opera di ricerca, informazione, fame di chiarezza e piacere di poter condividere tutte queste cose, ma per non confondere troppo le acque sarà meglio che io dica subito cosa aspettarsi al lettore che vorrà farsi rubare un po' di tempo da queste colonne.

Si parlerà di Inter, perché io sono interista soprattutto adesso che c'è tanto da chiarire su tutto ciò che gira attorno alla Beneamata, perché due anni fa mi sono inserito partendo dal nulla in un ambiente che mi permette di sapere cose che non sempre finiscono sui giornali e perché condividerle con la pur numericamente modesta platea che si fida di me è per me una missione importante.

Si parlerà della magia del calcio a chi se ne è innamorato tempo fa e si sente vivo nel guardarlo, viverlo, commentarlo. Perché non c'è veramente niente come partecipare a uno spettacolo che ogni anno si ripropone allo stesso modo e porta con sè sogni e speranze.
Dall'ultima squadra del pianeta agli illegali del Barcellona, per me non fa differenza: ogni angolo del pianeta in cui rotola il pallone é degno di essere attenzionato, raccontato, vissuto.

Si parlerà di misteri del calcio, perché attorno al calcio c'è una giungla di speculatori, faccendieri ed affaristi che lo trasformano in una mera questione di soldi e troppe volte lo fanno usando come leva la passione incondizionata del tifoso, che merita di sapere cosa si sussurra sotto la superficie di affari che sembrano inspiegabili e merita di capire cosa succede nel sottobosco di un mondo con sempre meno giocatori di calcio e sempre più giocatori di Borsa.

Si parlerà di TPO, un filone ancora misterioso e pasticciato a cui mi sono agganciato diversi mesi fa per cercare di prevedere cosa sarebbe accaduto poi e quali benefici e danni avrebbe portato e causato.
Fin quando queste dinamiche non hanno toccato il pallone nostrano, alla mia porta si presentava gente ammirata dal lavoro di inchiesta che ho provato con umiltà e modestia a mettere in piedi. Oggi che i fondi di investimento hanno infettato i conti del nostro calcio e sono passati sotto una bandiera dai colori ben precisi quella stessa gente ha cambiato versione, tacciandomi di essere populista, di essere invidioso, di fare l'economista con la terza media (almeno un diploma nella vita me lo sono guadagnato) e di sfruttare per smanie di popolarità un argomento di cui tutti sanno poco.
Ebbene, non mi sono ancora stufato di inseguire le verità che troppi media di primo piano tacciono per incapacità o per convenienza ed è da queste colonne che le proporrò.
Che ai fondamentalisti del tifo piaccia o meno.

Non sono un giornalista, perché ancora per strada in quella selva intricata e fitta di ostacoli che serve per ottenere la qualifica in Italia; non sono un esperto di mercato, perchè ci sono persone più brave di me a creare sceneggiature appassionanti per i lettori affamati di nuovi nomi; non sono onnisciente e più abile di chiunque altro a rielaborare informazioni per prevedere scenari futuri (per intenderci, non vi dirò mai che io ho visto i conti del Parma e voi no, per poi essere smentito dagli eventi).
Sono solo una voce fuoricampo che narra gli eventi di un calcio in profonda mutazione e cerca di farlo nel rispetto della comprensione e della chiarezza.
Sbaglierò tante volte, ma posso garantire che lo farò sempre in buona fede.

Oggi si salpa accogliendo a bordo indistintamente tutti coloro che avranno la volontà di leggere, partecipare, comprendere, ascoltare ed essere ascoltati.
Buon viaggio a tutti.