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domenica 24 dicembre 2017

Santa provvidenza



Caro Santa,

intanto scusa se ti chiamo con il nome con cui ti conoscono nel mondo, ma questa letterina riguarda l'Internazionale e pertanto sento la necessità di eliminare i confini linguistici perché questo affare è importante per tutti gli appassionati del pianeta.

Forse non siamo stati buoni quest'anno: abbiamo trattato in maniera troppo drastica e scettica la stagione che stava nascendo, anche se molti di noi lo hanno fatto certamente sulla base di qualcosa.
Alcuni di noi hanno gufato la squadra quando vinceva, solo per potersi guadagnare i 5 minuti di celebrità nei panni dei Grilli Parlanti che a un certo punto dell'anno sfruttano la giornata storta per dire "Io ve l'ho sempre detto, sono quello che ne capisce di più e voi stronzi siete i gonzi che andavano dietro alle chimere".
Altri hanno reso l'ultima estate un inferno tra pesantezza, isterìa, difficoltà cognitive, incapacità di separare le cose negative dalle cose positive.
Dall'altra parte però abbiamo ripopolato San Siro, abbiamo applaudito la squadra anche se sconfitta, abbiamo celebrato con orgoglio il derby vinto ed i risultati positivi negli scontri diretti; ci siamo innamorati di Spalletti, ci siamo infatuati di Skriniar, ci siamo resi conto del valore di Icardi, abbiamo perfino rivalutato D'Ambrosio e Candreva.

Insomma, la nostra parte l'abbiamo comunque fatta ma ora abbiamo bisogno di una mano.
L'albero addobbato è il termometro della nostra passione: quando lo abbiamo iniziato eravamo primi in classifica grazie ad un rendimento oltre le proprie possibilità ed una buona dose di eventi esterni girati nel modo giusto.
Oggi che l'albero è qua per farlo vedere soprattutto a te, abbiamo perso per strada un paio di rami finiti negli spogliatoi di squadre di provincia e c'è chi comincia a dire che non ci meritiamo gli addobbi, che l'albero si sta seccando, che era nato morto ed è cresciuto grazie ad un miracolo irripetibile che sta svanendo il suo effetto.

C'è chi comincia a metterci le sciarpe biancazzurre perchè si è messo in testa che l'albero della Lazio è scintillante, perfetto, con una marea di regali ai suoi piedi e destinato a crescere verso l'infinito e oltre.

Abbiamo bisogno di una mano per non ritrovarci tra un paio di mesi a doverci arrendere ai disfattisti ed ai becchini dandogli la soddisfazione di pensare che il loro modo di vivere la fede calcistica sia quello giusto.

Abbiamo bisogno di soluzioni, caro Santa: abbiamo la necessità di trovare sotto l'albero un'idea o un rinforzo che ci tolga dalle secche di un attacco monocorda che ha svelato l'impossibilità di essere affidato per nove mesi alla vena o alla condizione di Candreva e Perisic. 
Abbiamo bisogno di smettere di considerare Brozovic o Joao Mario delle soluzioni, perchè le cose non stanno così: per motivi diversi, entrambi si sono guadagnati un punto di domanda sopra la testa, là dove deve esserci un punto esclamativo solido e pesante.
Abbiamo bisogno di guardare la panchina e non vedere il solco abissale di qualità che c'è rispetto a chi calpesta l'erba, né vedere i troppi posti vuoti che la caratterizzano.
Abbiamo bisogno di trovare nuove idee trascinanti per tenere a galla anche le vecchie certezze, perchè quando le cose non riescono il livello si abbassa e le cose semplici diventano complesse equazioni, il pallone da calcio diventa una palla da bowling, ogni metro percorso diventa una maratona, l'Udinese diventa il Barcellona e il Sassuolo diventa il fantasma del Natale passato.
Abbiamo bisogno di reputare anomalo che Skriniar sia il terzo cannoniere della squadra, saltando a pié pari un centrocampo che finora la porta l'ha vista da lontanissimo o l'ha incontrata per un fugace saluto senza alcuna confidenza.


Ci servono soluzioni, caro Santa: forse dall'altra parte del Naviglio ti stanno chiedendo i miracoli che non ti spettano, ma da questa sponda noi abbiamo bisogno solo di poter cambiare strada quando la carreggiata comincia a farsi tortuosa.
Che il tuo vero nome sia Jindong, Steven, Piero, Walter o Luciano fai in modo che questo Natale diventi l'occasione per convincere tutti che al futuro si può ancora guardare con la stessa fiducia.
Natale è domani, ma per noi è più importante che lo sia a maggio.

Con stima,

Fulvio Santucci


lunedì 4 dicembre 2017

Foto di gruppo



Mamma mia.
Adesso lo dico proprio con lo stupore di chi si ritrova le proprie convinzioni già abbastanza rosee addirittura soverchiate da ciò che ha visto: mamma mia.

Inter-Chievo doveva essere una partita già complicata di suo, resa ancor più ingarbugliata dalla vetta a portata di una squadra nota negli ultimi anni per riuscire a perdere tutti i treni possibili: è stato un massacro, una sorta di pandoricidio pre natalizio.
Era l'ennesimo esame, la rinnovata prova del nove dove alla fine 9 (ma forse anche di più) potevano essere i gol segnati da Icardi e compagnia, ma strada facendo è diventata soprattutto la prova dei nove: i 9 titolari su 11 che si sono abbattuti sul Chievo come Katrina su New Orleans (solo il Napoli contro il Benevento ha avuto, dati alla mano, una produzione offensiva paragonabile) e che sono tutti reduci dalla disgraziata stagione 2016/17.

Riflettiamoci un attimo: riavvolgiamo il nastro, torniamo a fine luglio e facciamo finta vi sia stato anticipato che a dicembre avremmo ospitato il Chievo schierando in difesa Santon Davide, Skriniar Milan, Ranocchia Andrea e D'Ambrosio Danilo.
Le reazioni sarebbero state nell'ordine: risate, scherno, pernacchie, incredulità, ira, depressione, nichilismo: non si può barare qua, sappiamo tutti che sarebbe andata così.

Invece il Santon visto per un'ora ieri è la cosa più simile al Santon visto contro il Man United di CR7 e Ferguson nell'ormai lontanissimo febbraio 2009; su Ranocchia dovremmo aprire un capitolo a parte, probabilmente incentrato sulla psicologia, nel vedere un calciatore praticamente carbonizzato in questa piazza giocare benissimo e dichiarare poi "mi sembrava di stare al campetto con gli amici".
Siamo all'imponderabile, vanno chiamate in causa le congiunzioni astrali come del resto per tutta la domenica nerazzurra iniziata col Milan che diventa parte della storia del Benevento prendendo gol al 95' dal portiere e finita con l'Inter che polverizza il Chievo, squadra che oggi ha 20 punti e che si salverà probabilmente tra febbraio e marzo, tirando 39(!!!) volte verso la porta di Sorrentino.


La domanda è lì a sfrigolare in attesa di trasformarsi in una risposta inattaccabile: com'è stato possibile che questa squadra sia arrivata al 3 dicembre inanellando il terzo miglior rendimento nell'intera storia della Serie A? Quanto c'entra Luciano Spalletti in questa meravigliosa follia?
Luciano da Certaldo è certamente il maggior responsabile di questa scintillante Inter autunnale, di cui probabilmente non stiamo cogliendo la grandezza perché deviati da un campionato che è interpretato ad altissimo livello anche da altre quattro squadre.
Lui ha impresso un cambio di filosofia nel gioco, lui ha coinvolto giocatori che erano a pezzi e li ha resi parte di un mosaico, lui ha ribadito gli obblighi sindacali a cui si è sottoposti indossando la maglia dell'Inter: giocare sempre per fare risultato, mai pensare che basti il compitino.

Ne fui sicuro già dopo una settimana di precampionato: l'idea di Spalletti era vincente sul lungo termine, nonostante la qualità della rosa non fosse la migliore del campionato. 
Non avrei però mai potuto credere a questo rendimento, contornato da partite giocate in maniera assurdamente superba come la prima ora di Inter-Sampdoria e come l'ultimo Inter-Chievo in alternanza con partite giocate in maniera tremendamente cazzuta come Napoli-Inter.
Già era promettente una squadra in cui tutti sapevano cosa fare, vera svolta stagionale, ma ora abbiamo avuto la prova che tutti possono anche sapere come fare le cose nel miglior modo possibile: l'azione del 4-0 di Skriniar, ad esempio, contiene almeno 5 cose fatte in modo perfetto da 4 diversi giocatori.
E anche se il Chievo non ha pescato certamente la sua giornata migliore, i meriti di questa squadra che di casuale non ha più nulla rimangono saldi.

Quindi, cosa possiamo mettere sulla bilancia per riequilibrare tutta questa positività? Per molti c'è una frustrazione, lecita, che deriva dall'aver fatto 39 punti su 45 ed avere ancora un margine troppo risicato sulla quinta forza del campionato.
Abbiamo scelto forse l'anno peggiore per decidere di diventare una squadra che vince, è pacifico, ma dall'altra parte io non sono convinto al 100% che un vantaggio di 10-12 punti sulla zona Champions sarebbe un sinonimo di tranquillità.
Conosco l'Inter e conosco purtroppo come le mie tasche i suoi cali di tensione: voi stessi, sono sicuro, pensate alla stagione in modo guardingo e attento aspettandovi dietro l'angolo l'episodio che la svolta in negativo. Il motivo è lo stesso, avete timore dell'Inter che si rilassa e perde la trebisonda.
Ecco perché un campionato senza tregua, senza il minimo margine di errore, senza la possibilità di poter concepire un passo falso inaspettato può diventare combustibile per un gruppo che ha dimostrato per 15 volte la sua repulsione verso la sconfitta.

Nessuna Inter vincente ha mai potuto abbassare la guardia, anche quella più vincente di tutte avrebbe potuto perdere tutto a maggio, invece non è andata così.

Proprio quell'Inter è stata l'ultima a mettere piede a Torino, sponda Juventus, da prima in classifica: la storia si ripeterà sabato, per la prima volta allo Juventus Stadium.
Nelle mie convinzioni il piano partita di Spalletti non sarà affatto quello di Napoli, credo invece convincerà i suoi ragazzi che fare bottino pieno anche contro di loro che di big match in Serie A ne sbagliano pochi è possibile se ci si crede.
Può evidentemente andare male perché stiamo parlando di una squadra con risorse superiori ed un vissuto da dominatrice: noi possiamo essere loro nel 2011-12, ma loro sono cambiati in meglio senza aver mai tolto le mani dal tricolore.
Però può anche andare bene, perchè se c'è un anno in cui la Juventus non sembra di anni luce avanti a tutte le altre è proprio questo.

Stiamo leggeri, con la libertà di sognare e la consapevolezza che non stiamo ancora giocando per il bersaglio grosso.
Intanto però, scattiamoci una foto per autocelebrare una ritrovata voglia di Inter da parte nostra e da parte di chi va in campo.
Una foto di gruppo, per non dimenticarci mai che le cose migliori accadono quando tutti remano dalla stessa parte.