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venerdì 8 gennaio 2016

Fondi d'investimento e Serie A: a che punto siamo?



Mi ricordo i tempi in cui spiegare il ruolo dei fondi d'investimento nel calcio era un lavoro che aveva ampia considerazione, ampio raggio, ampio interesse, molta gratificazione.

Era bello perché il lettore lo percepiva come una cosa lontana, che riguardava qualcun altro, che comunque andasse non poteva mai inquinare una passione, come fosse una cosa guardata da una finestra nella sicurezza delle proprie quattro mura.

E poi? Poi ha fatto la sua entrata in scena Doyen in una caldissima estate di mercato e in uno dei club più importanti in Italia e nel mondo, il Milan e nulla è stato più come prima.

Da quel momento in poi i fondi d'investimento per qualcuno erano una macchietta da cabaret, per altri una scusa per tirare fango, per altri ancora uno scandalo di portata gigantesca da associare ad un club: quando è diventata una questione di bandiera, in altre parole, la questione ha iniziato ad essere strumentalizzata secondo convenienza e così svilita della propria inquietante essenza.

La stampa di alto livello non ha aiutato, informando in modo approssimativo e cambiando versione più volte senza mai riuscire a far intendere come opera un fondo di investimento, perché lo fa, perché sarebbe stato meglio evitarlo o perchè sarebbe stato meglio metterselo a fianco: si è fatto invece un gran minestrone, spesso omettendo informazioni vitali per la comprensione e spesso aggiungendo informazioni vacue, fuorvianti e superflue.
E allora, amici miei, è il caso che ripartiamo dall'inizio e cerchiamo di capire veramente cosa ci fa la finanza nel calcio, in quale modo si comporta e in quale modo ha operato e sta operando in Serie A cercando di svestirci tutti, me compreso, della sciarpa con i propri colori del cuore per qualche minuto.


TPO/TPI: ISTRUZIONI PER L'USO - Ciò che l'informazione in Italia ha a mio avviso fallito su tutta la linea è stato l'approccio ai fondi di investimento nel calcio: ogni qualvolta c'è stato da commentare un affare o una sinergia con un fondo, si è fatto passare un messaggio fuorviante che metteva il club in controllo della situazione e il fondo come strumento di cui il club si serviva per fare i propri interessi.
Ecco: prendete l'asserzione e ribaltatela completamente perchè le cose stanno da sempre nel verso opposto, con i fondi a controllare le trattative ed a servirsi dei club per farle andare nel verso desiderato. Per un motivo tanto semplice quanto comprensibile: sono i fondi e non i club ad avere la grana vera e, anzi, se i club fossero tutti benestanti i fondi di investimento non avrebbero alcuna ragione di esistere.

Preso e memorizzato questo dogma base di tutta l'attività di un fondo, gran confusione si è spesso fatta su differenze e conseguenze di TPO e TPI, due possibili vesti di una realtà di questo tipo.
 TPO, che sta per Third Party Ownership, sta a significare che una terza parte, quindi un fondo, ha il possesso parziale o totale del cartellino di un giocatore e che pertanto un club che ne vuole acquisire le prestazioni dovrà rivolgersi alla terza parte per avviare una trattativa, a prescindere dal club per cui il soggetto in questione stia giocando.
I rovesci della medaglia di una TPO, nella quale è molto difficile non imbattersi negli ultimi anni in sede di calciomercato, sono in buona sostanza due: il primo è che nuoce gravemente alla valorizzazione ed alla carriera di un calciatore, perchè detto calciatore è esposto a continui spostamenti e cambi di casacca che alla lunga possono destabilizzarne la continuità di rendimento (un caso su tutti: Falcao); il secondo è che nuoce gravemente all'economia del calcio, perchè i soldi che una TPO incassa da un'acquisizione non vengono necessariamente reinvestiti nel mondo del calcio ma spesso vengono portati fuori per farci altro in altri contesti e settori, come quello del trading finanziario che di certo non ha a che fare con la crescita sportiva di un club.

TPI, che sta per Third Party Investment, è un caso molto più pericoloso della TPO perchè presuppone che la terza parte, il fondo, metta direttamente piede nella sede di un club e ne entri nella gestione delle risorse economiche con un giochetto semplice e, fino a poco tempo fa, pulito: erogare finanziamenti ai club in cambio di corsie preferenziali sul controllo dei giocatori in rosa e/o in cambio di percentuali sulle transazioni riguardanti i giocatori possibilmente comprati con il finanziamento erogato.
Questo è il gioco in cui ha rischiato di finire il Milan con Doyen  e che fortunatamente il club rossonero ha fermato sul nascere, perchè le conseguenze di tale condotta per qualche club in Europa sono state devastanti: il Seraing, serie B belga, non potrà fare mercato in nessun modo fino al 2018, il Twente in Olanda non potrà partecipare alle competizioni europee per i prossimi tre anni.
Le sanzioni a questi club si sono rese necessarie proprio nel momento in cui si è appurato che detti club avevano inserito nella propria gestione finanziaria il controllo parziale di Doyen Sports: il Seraing gli ha ceduto parte dei diritti economici di diversi giocatori, avendo siglato contratti che permettevano alla stessa Doyen di influenzare le decisioni e l’indipendenza del club in materia di trasferimenti.
 Il Twente invece ha prodotto documentazione lacunosa ai fini dello spiegare in maniera convincente per quale motivo assicurava a Doyen percentuali fra il 10 e il 50 per cento sulle future vendite di sette giocatori in cambio di un finanziamento da 5 milioni.

Attenzione, perchè a confondere TPO e TPI ci vuole veramente poco: ci è cascata anche La Gazzetta dello Sport che, nell'analizzare le possibili conseguenze dell'affare Calleri (un ipotetico caso di TPO che leggeremo tra poco) ha citato la sanzione del Seraing avvenuta per tutt'altri motivi (un emblematico caso di TPI): entrambe le pratiche sono da evitare e formalmente illegali, ma versare soldi ad un fondo in una transazione è ben più tollerato che metterlo in condizione di controllare parte delle finanze di un club.
Nonostante il ban della Fifa dello scorso maggio, complice anche i tanti scandali che hanno investito l'associazione, il fenomeno TPO è addirittura in espansione mentre, fatto salvo per la penisola iberica dove sono le associazioni locali a sfidare le regole mondiali, il fenomeno delle TPI sembra aver quantomeno rallentato.
Tutto questo, ovviamente, vale e non poco anche per la Serie A.


L'AFFARE CALLERI: IL GIOCO DELLE IPOTESI - La vicenda Calleri è la prima che vado ad analizzare, dal momento che riguarda da vicino la squadra che tifo e seguo.

Ebbene, la questione TPO nasce nel momento in cui il Presidente del Boca Juniors Angelici annuncia la cessione del suo giocatore ad un fondo di investimento inglese che provvederà poi a piazzare in Serie A il giocatore, con destinazione privilegiata Inter che con il Boca tratta il giocatore da diverso tempo.
La terza parte in questione si chiama Stellar Sports Management e fino a questo momento si è mossa solo come agenzia di procura per calciatori che nel tempo si è espansa fino a diventare l'agenzia di riferimento per la Premier League, non proprio un torneo da niente: Stellar ha mediato il trasferimento di Gareth Bale dal Tottenham al Real Madrid e ha preso la procura di tanti altri giocatori, tra cui Ashley Cole e Szczezny, entrambi poi finiti a militare nella Roma.
Come fa un'agenzia a diventare fondo di investimento? secondo i ben informati, utilizzando un club che si chiama Deportivo Maldonado ed è noto per essere specializzato in brokeraggio di calciatori, fungendo da sponda per una triangolazione che garantisce una pressione fiscale molto più vantaggiosa, un po' come se un club italiano per vendere un suo giocatore a un fondo utilizzasse un club svizzero per avvantaggiarsi delle migliori condizioni del fisco.

Sì, ma cosa c'entrano Stellar e Deportivo Maldonado? Hanno una connessione intrinseca, nel senso che il Presidente di Stellar Group Jonathan Barnett e il Chairman del Maldonado Malcolm Caine sono soci in affari nella loro terra di origine, il Regno Unito, dove sono coproprietari di un cavallo da corsa e nel contempo quindi soci in affari nell'imprenditoria ippica.
Dal Deportivo Maldonado, Calleri andrebbe al fondo Stellar che lo girerebbe in prestito al Bologna, un prestito secco che rimetterebbe il giocatore sul mercato a partire dalla prossima estate e che nel contempo offrirebbe all'Inter una prelazione sul suo possibile futuro acquisto.

Tutto questo viene ad oggi riportato al condizionale perchè nulla di tutto questo si è ancora concretizzato: nonostante i fiumi di inchiostro fluiti nell'ultimo mese, la situazione attuale vede Calleri ancora al Boca Juniors senza che il Maldonado abbia ufficializzato l'acquisizione, la cessione al fondo e senza che il fondo abbia ovviamente ufficializzato l'acquisizione e il prestito al Bologna, che peraltro proprio oggi ha smentito la trattativa.
Solo chiacchiere? Probabilmente, ma il prestito da parte di un fondo di un giocatore ben quotato a un club piccolo e probabilmente sottolivellato come il Bologna sarebbe una tipica strategia da TPO, per far emergere prima il giocatore, amplificarne il valore e puntare a rivenderlo con un consistente margine magari in seguito ad un'asta di mercato.
Uno scenario già tentato (e non riuscito) in Italia con Mpoku, Lestienne e Correa tra gli altri.

Dall'altra parte c'è un'Inter sotto la lente della Uefa che ha l'obbligo di trasparenza assoluta sulle transazioni di mercato e che, senza volerne fare per forza una questione etica, sembra lontana anni luce dal potersi permettere un trasferimento finanziariamente chiacchierato.
Del resto l'Inter si ritirò dall'affare Dybala proprio nel momento in cui un altro fondo ne acquisì i diritti per poi rivenderlo al Palermo e incrociò il fondo Sonda co-proprietario del cartellino di Juan Jesus nel momento in cui il fondo stesso impose la triangolazione via Coimbra (club riportato a bilancio Inter come quello di provenienza di Juan Jesus, che giocava nell'Internacional) per avvantaggiarsi a livello fiscale.
Quando si avranno delle certezze su questo affare, non mancheranno da queste colonne approfondimenti, analisi e scenari. Il mondo delle terze parti è in continuo movimento, come stiamo per vedere.


DOYEN-JUVENTUS, LA NUOVA SINERGIA - Per ironia del destino dopo un'estate trascorsa a cercare i legami tra Doyen e Milan, finisce che la collaborazione sia in realtà tra Doyen e Juventus.
Lo ha certificato lo stesso Nelio Lucas, volto ormai conosciuto, in un'intervista dello scorso ottobre in cui definì la Juventus un club "amico".
I sospettosi della prima ora avevamo già intravisto nel mercato estivo della Juventus qualcosa di diverso da solito, quando Doyen ha messo le tende nella sede dell'Olympique Marsiglia portando come fiche di ingresso i 25 milioni con cui l'ormai svalutato Imbula è stato trasferito al Porto, altro club in pienissima orbita Doyen Sports.

La sinergia con Doyen, alla luce delle dichiarazioni di Nelio Lucas, può essere la spiegazione del trasferimento a costo zero di Llorente al Siviglia (ove Doyen è di casa da diversi anni) e della cifra spropositata pagata per un Alex Sandro in scadenza (manco a dirlo, al Porto che aveva appena speso una cifra uguale per Imbula), mentre gli affari con l'Olympique Marsiglia dell'ultim'ora, secondo la ricostruzione della stampa francese, sono stati un vicendevole scambio di favori per liberarsi di tre reciproci esuberi ormai difficili da piazzare in una botta sola: Lemina, Isla e De Ceglie.
Il nome nuovo è Allisson, che Doyen sta cercando di portare dal Brasile in Italia utilizzando come vettore privilegiato magari proprio la Juventus: staremo a vedere.

L'intesa Juventus-Doyen va giudicata secondo coscienza e nella piena consapevolezza che nell'oceano del calciomercato gli squali sono sempre presenti ed affamati, tanto che alla fine qualcuno ritiene conveniente banchettarci assieme.
Ma d'altro canto è sicuramente il caso di sottolineare che il tipo di rapporto è molto diverso rispetto a quello che si stava formando al Milan, ove Doyen poteva divenire non un pregiato interlocutore ma un'entità che agiva in nome e per conto del club, proprio come sta succedendo da qualche mese all'Olympique Marsiglia e proprio come è accaduto ai già citati Seraing e Twente.


TUTTO IL RESTO -
Se eravate ignari di cosa fosse una TPO prima di leggere queste righe, rimarrete basiti dalla moltitudine di esempi che potete trovare in Serie A, ove gran parte delle trattative si fanno in tre.
E' il caso di Cerci, che si sta muovendo dal Milan al Genoa e che probabilmente sarebbe già lì se non fosse per il fondo qatariota che ne detiene il 50% del cartellino e che si è messo di traverso ad inizio trattativa, scontento della destinazione del proprio investimento.
Abbiamo già citato Mpoku, Correa e Lestienne, investimenti poco riusciti mentre di contro c'è chi su Iturbe ha innestato un giro di soldi tremendo tra Porto, Roma, Verona guadagnandoci benissimo.
Felipe Anderson è stato portato in Italia dalla Lazio attraverso Doyen Sports ed una trattativa interminabile (ce lo vedete Lotito a trattare con una entità il cui unico scopo è il lucro?), Emerson è stato acquistato dalla Roma con la collaborazione di Elenko Sports, un fondo molto attivo in Brasile e soprattutto nel Corinthians.
E poi ancora Perotti era posseduto per una parte da un altro fondo qatariota, Carbonero idem con la differenza che del fondo che lo possiede non si sa nemmeno la nazionalità oltre alle generalità, Estigarribia è stato a lungo gestito da una terza parte.
Molti altri ce ne sono ancora, perchè scoprire questo tipo di affari non è facile come non è facile scoprire chi muove i fili dei vari fondi di investimento, tra generalità insabbiate e scatole cinesi.
Tutto questo avviene senza che la FIGC o la Lega Serie A abbiano mai aperto bocca su una pratica vietata dalla FIFA che gli passa sotto gli occhi.


Insomma, questi fondi vanno presi per quello che sono: entità che sono nel mondo del calcio unicamente per muovere ed incamerare soldi, senza troppi giri di parole e senza guardare in faccia a chicchessia.
Ormai si sa abbastanza per poter esprimere un giudizio che può essere di qualunque colore, forma, entità perchè è pur vero che squadre come Atletico Madrid e Siviglia sono diventate grandi in campo anche grazie a loro, mentre ad altre realtà è andata decisamente peggio come abbiamo visto.
Può andar bene o male, ma con il fondo si rischia.
Purché poi il fondo, alla fine, non ci si trovi a raschiarlo.


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