Se partissimo dal risultato per analizzare Inter-Bologna, troveremmo di fatto l'unica cosa della giornata che non sarebbe positiva neanche girandola come un cubo di Rubik; volevamo la vittoria, sapevamo la sua importanza, ma la vittoria in casa contro il Bologna non è arrivata.
In un calcio famelico di risultati al di là di tutto il resto, possiamo considerare questa partita come un'occasione persa e due punti in meno che ci auguriamo non peseranno troppo quando a maggio faremo i conti della serva.
Tuttavia le cattive notizie, per quanto mi riguarda, finiscono qui.
Perché questo non è il pareggio casalingo scialbo e incolore dell'Inter di Mazzarri, né quello amaro e sciocco dell'Inter di Mancini. Non si toglie nulla al lavoro dei due allenatori che hanno trovato nella loro esperienza anche partite ottime, non si fanno confronti e paragoni: li chiamo in causa solo per riportare alla mente i passi avanti fatti anche attraverso le loro gestioni.
Ieri l'Inter ha regalato i primi 25 minuti di gioco e sul perché abbiamo una controprova: c'era un ingranaggio non funzionante nella catena di montaggio nerazzurra. De Boer l'ha capito e ha fatto qualcosa di severo ma coraggioso in nome del bene della squadra, tirando una bordata a Kondogbia sottoforma di cambio precocissimo facendo intendere poi, anche a parole nel post partita, che chi non segue i dettami della sua gestione è fuori senza passare dal via e senza ritirare le 20mila lire.
Brozovic lo sta capendo dal lato disciplinare, Kondogbia lo deve capire sul lato tecnico e caratteriale: non si fanno più prigionieri. A prescindere dall'investimento fatto , il calciatore che sbaglia paga perché non è indispensabile.
Non è un caso se una volta entrato Gnoukouri l'Inter ha cambiato ritmo e musica, non certo perché Gnoukouri sia lo Xavi Hernandez dei bei tempi, ma semplicemente perché nell'impianto di squadra tutto deve essere al posto giusto e ogni ingranaggio deve girare a dovere.
Riflettendoci, De Boer era un salto nel buio per tante cose ma non certo per la valorizzazione dei giovani.
Così Miangue e Gnoukouri non sono più i bimbi a cui concedere ogni tanto la gita premio in mezzo agli adulti, ma risorse che se la possono giocare alla pari con tutti gli altri come ha detto il campo durante la partita di ieri.
La valenza di questo lavoro è doppia, giacché oltre a mettere sulla corda tutta la rosa è anche possibile trovare il modo di colmare i buchi aprendo i cassetti di casa anziché continuare a fare viaggi al supermercato.
Un'altra cosa che ha detto la partita con il Bologna è che il mercato estivo fino a questo momento è stato un fattore e nemmeno da poco: ieri si è visto benissimo chi c'era in più rispetto allo scorso anno (ogni riferimento a Candreva, per me il migliore in campo ieri, non è assolutamente casuale) e chi è mancato scoperchiando inizialmente i problemi già visti lo scorso anno. Dopo tre partite Joao Mario è già ritenuto pilastro portante dalla gran parte della tifoseria e anche ieri si è capito il motivo.
Ieri è sembrato un bel giocatore perfino Ranocchia, facendo la tara a un inizio deficitario è stato prezioso sia in copertura che in fase di impostazione ritrovando una tranquillità per lui problematica quanto la kryptonite per Superman.
Pazienza per il gol fallito a tempo scaduto: fare gol non è il suo mestiere, facendolo avrebbe solo coperto le lacune realizzative mostrate ieri dai compagni preposti a farlo.
Non ci illudiamo, perché una rondine non ha mai fatto primavera, ma chissà che quel testuale "sto lavorando come un cane" non sia il preambolo ad un cambio marcia che lo renderebbe spendibile con maggiore tranquillità durante la stagione. Certamente lui ieri ha sfruttato bene l'inattesa occasione che gli si è parata davanti, dopo il disastro Hapoel.
A proposito, dopo quell'umiliazione lo spogliatoio avrebbe anche potuto implodere o sfasciarsi ed invece ha reagito, segno che l'allenatore inizia a tenere tra le dita il gruppo che gli fu affidato 6 settimane fa.
Manca il risultato ed, intendiamoci, non è poco. Rimangono però le idee, la vitalità, la voglia di rientrare in partita anziché scegliere di liquefarsi come accadeva qualche tempo fa.
Frank De Boer sta iniziando a prendere vera confidenza con la situazione e presto riuscirà anche a farlo in zona mista, dove l'italiano stentato a seguito delle pochissime settimane di esperienza sembra rappresentare ancora un problema per qualcuno. Non importa, Frank pare avere la "cazzimma" per tenere anche le redini della stampa quando padroneggerà la lingua e non sembra mancare molto.
Stiamo ormai capendo che Inter c'è in embrione: identitaria, fluida, dominatrice, coraggiosa.
Solo sapendo accettare gli incidenti di percorso riusciremo a godere di questa squadra al massimo del suo potenziale.
Perché, in nome dell'onestà intellettuale, io non posso alzare la mano se mi avessero detto a metà agosto che avrei visto questa squadra a questo punto del guado stagionale.
E in qualche modo penso di essere in ottima e nutrita compagnia.
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