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martedì 29 novembre 2016

Tutti insieme raffazzonatamente



Tre punti sono tre punti e non c'è notizia migliore di una vittoria per una squadra che se non è ancora malata, è quantomeno convalescente.
Tre punti sono tre punti e quando te li prendi non ti viene più da pensare che per un attimo hai rischiato di perderli, o quantomeno ne hai avuto la sensazione.
Tre punti sono tre punti e li archivi senza farti troppe domande, anche se analizzando la partita scopri una squadra che parte in assetto a testuggine e finisce, ancora una volta, troppo raffazzonata.

E' uno dei lati interessanti del tifare Inter: hai davanti a te una squadra che credi di conoscere e ti aspetti magari che persino la Fiorentina, squadra con problemi non così distanti dai tuoi, riesca a darti il colpo di grazia e invece succede che esulti tre volte nei primi venti minuti, come non ti capitava da quasi 27 anni (Inter-Bologna 3-0, 14 gennaio 1990) o come non ti era mai capitato, perché sei troppo giovane, nemmeno negli anni del primo Mancini e nemmeno nei gloriosi anni di Mourinho.
La nostra squadra questa volta ha un merito bello grosso, al netto della sua situazione: quello di aver indirizzato in modo decisivo la partita quando ancora c'erano gambe e testa per farcela per poi riuscire a gestire, pur senza più benzina e pur in vantaggio di un uomo, il solco creato giocando mezz'ora di manifesta ed abissale superiorità.
I problemi però rimangono e sono sempre, sinistramente, gli stessi.

A partire dalla condizione atletica: come stiamo vedendo da inizio stagione, l'Inter non gioca più di massimo 60 minuti nella stessa partita, che siano essi consecutivi o distribuiti a tratti nell'intera durata della partita. Non può più essere un caso se l'Inter arriva a un punto della sua partita in cui non è fisicamente in grado di tenere un pallone tra i piedi, come già visto in Israele e come già visto in alcune partite della vecchia gestione.
Se è sempre valido il detto "Chi non ha testa abbia gambe", l'Inter arriva puntualmente al momento in cui non ha nessuna delle due cose, trovandosi in uno stato paradossale in cui vengono meno i due ingredienti principali che servono per giocare a pallone, soprattutto a certi livelli. Un po' come un ristoratore che deve fare le patatine fritte e si accorge ad un certo punto, tutte le sere per settimane, che sono finite sia le patate che l'olio.
Sarei propenso a sposare la tesi secondo cui migliorando la tenuta atletica, può andare a migliorare anche la tenuta mentale: le due cose non sono sempre consequenziali, ma quando il carburante finisce e il motore si ferma chi sta alla guida non ha più nulla per cui usare la testa.
Quello della condizione deficitaria, se non inaccettabile a questo punto della stagione, è un tema che abbiamo toccato spesso e che si può cercare quantomeno di mitigare solo con il richiamo di preparazione di fine anno solare: con il calcio tambureggiante ed aggressivo che stiamo intravedendo nelle idee di Pioli il miglioramento atletico è una delle possibili svolte stagionali, giacché l'Inter finché corre è una squadra ancora lontana dalla perfezione ma certamente bella e ieri sera anche efficace.
Parli di efficacia e ti viene in mente che, fino al match con la Fiorentina, all'Inter servivano in media 12 occasioni prima di fare centro: ieri sera i nerazzurri sono andati a bersaglio 3 volte nei primi 4 tentativi verso la porta. Un dato confortante, che non ha però permesso di chiudere la partita come ci si poteva attendere e nel secondo tempo la conversione delle chances è tornata ad essere insufficiente (inaccettabile ad esempio l'errore di Joao Mario sul 3-2).
Considerazioni che ci portano all'ultimo problema atavico: perchè l'Inter non chiude le partite anche quando tutto lascia pensare che le abbia chiuse? La risposta, ancora una volta, sta nei gol regalati. Che sia Kondogbia (Bologna), Santon (Atalanta), Miranda (su Suso); che sia Murillo (in Israele) o che sia Handanovic (ieri spiazzato da trenta metri), l'Inter conserva l'irritante tendenza a prendere gol su errori individuali assortiti e troppo gravi per essere ignorati, principali responsabili degli 1,29 gol che l'Inter ha preso in media fin qua in campionato; un ritmo decisamente troppo permissivo per gli obiettivi preposti.

Se però l'Inter vince 4-2 ci sono sicuramente anche dei miglioramenti da registrare e in questo senso comincio a notare qualche buon risultato dall'avvento di Pioli.
Ad esempio, l'approccio alle partite che i nerazzurri non sembrano più sbagliare: nelle tre partite di Pioli, compresa quella in Israele, la squadra è partita convinta, aggressiva ed affamata trovando anche complessivamente cinque gol nella prima mezz'ora.
Una tendenza confortante che, se confermata, diventerà fondamentale soprattutto quando a San Siro si presenteranno le squadre medio-piccole che ti complicano maledettamente la vita se non sei in grado di mettergli subito in chiaro i valori tecnici superiori.
Seconda buona notizia: Antonio Candreva. Sembra un paradosso, visto il romanzo costruito sopra il laterale ex Lazio con l'avvento di Pioli, ma in questo avvio del tecnico parmigiano il numero 87 ha trovato gol e continuità di rendimento nella partita, in entrambe le fasi. Non è ancora al suo meglio, ma oggi penso si possa tranquillamente affermare che il miglior colpo estivo, a dispetto di come la pensavo io stesso, è proprio lui.
Con buona pace di Joao Mario che, dopo un inizio da sogno, per ora è in fase calante ed in attesa di tempi migliori che certamente arriveranno anche per lui e di Banega, che dà segnali di centralità e miglioramento, ma deve trovare quella maledetta continuità che la sua carriera non vuole proprio concedergli.
Parlando di fascia destra, registro la seconda partita molto positiva di Danilo D'Ambrosio: uno dei pochissimi che sembra non perdere mai fiato e voglia di arrivare sul pallone prima degli altri. D'Ambrosio, anche al suo culmine, rimarrà sempre D'Ambrosio ma è altrettanto vero che un rendimento di questo genere, se continuo, una pezza al problema dei terzini può tentare di metterla.
Ultimo, ma non ultimo c'è Mauro Icardi: due gol (11 e 12 in questa Serie A, 68 e 69 complessivi in massima serie), un'espulsione propiziata che non bastano, come non basterebbe nulla, per cambiare il pregiudizio di una parte della tifoseria su di lui.
Non più tardi di domenica mattina, dopo la vittoria del Milan a Empoli, sono stato richiamato
 su Twitter (con lo scopo di rafforzare a mesi di distanza il concetto originale) ad una conversazione di giugno in cui mi si diceva che un 9 come Lapadula serviva all'Inter ("Polli a non prenderlo"): senza nulla togliere alle abilità certamente interessanti dell'ex Pescara, non trovo una spiegazione logica al diffuso pensiero che all'Inter manchi un 9.
Possiamo certamente dire che Icardi potrebbe essere più completo, ma estremizzare il concetto chiudendo gli occhi di fronte al contributo in termini di gol di questo attaccante in nome del fatto che "l'attaccante moderno" oltre a segnare è obbligato a pelar patate per 90 minuti, mi sembra sempre più tendenzioso e pretestuoso come discorso.
Icardi può starvi sulle balle finché volete, ma ancora una volta la differenza tra il pareggio e la vittoria sono due gol suoi: i fatti sono incontestabili.

La chiosa la dedico alla polemica che si è creata sull'arbitro: pare che nella tifoseria interista sia assolutamente vietato constatare che questa volta l'arbitraggio ha girato dalla parte giusta. Sull'espulsione a Gonzalo (non uno scandalo, ma personalmente mi permangono dubbi sulla chiara occasione da gol), sul calcio di rigore non concesso a Gonzalo stesso (a parti invertite) personalmente lo avrei reclamato), sul fallo solare di Ranocchia non ravvisato che dà il via al gol del 4-2.
Mi chiedo davvero che male ci sia a fare questo tipo di constatazioni, quando si è dalla parte della vittoria e quando tali episodi non pesano sulla vittoria stessa in maniera oggettivamente incontrovertibile.
La Fiorentina deve cercare in casa sua le responsabilità della sconfitta, come l'Inter lo deve fare quando tocca a lei finire nel vortice dell'errore umano di chi tiene il fischietto: cercare all'esterno la responsabilità delle proprie cadute (salvo casi eccezionali e ormai lontani nel tempo, ovviamente) è la primissima chiave per instillare una mentalità perdente fatta di alibi e di colpe altrui.
Siamo l'Inter e dobbiamo ricordarci che le vittime designate sono quelle che nella vita non raggiungono il successo.

Tre punti sono tre punti e ce li prendiamo come si prende una boccata di ossigeno uscendo dall'apnea, tre punti nonostante i problemi, nonostante le perplessità.
Tre punti da goderci, almeno oggi, tutti insieme.
Anche se un po' raffazzonatamente.

venerdì 25 novembre 2016

Paranormal Activity




(Sospiro)
Più di una figuraccia.
Più di un'agonia.
Più di un disastro.
Più di una pandemia.
Più di un'apocalisse.
Sono trascorse cinque partite di Europa League e in tutto avremmo visto 30-40 minuti fatti bene in mezzo a cose che non si dovrebbero vedere nemmeno in un campionato CSI.
A partire dal primo gol preso a San Siro da Miguel Vitor, proseguendo con il Mannequin challenge di Praga, passando per il tragicomico intervento di Nagatomo a Southampton per poi finire con il secondo tempo israeliano della coppia Miranda-Murillo provocante il sinistro pensiero che perfino la coppia centrale Bia-Festa di ritorno dalla rabbuiata Inter di metà anni '90 se la sarebbe cavata meglio.

Riuscendo a regalare 6 punti su 6 (impresa mai riuscita prima nelle competizioni europee a girone) al pur volenteroso, ma pittoresco Hapoel Beer Sheva.
Riuscendo a far segnare un gol anche al macchiettistico Lucio Maranhao, 8 club cambiati in 4 anni tra cui sei di Serie B brasiliana e uno nella sperduta Thailandia del cui campionato ignoravamo persino l'esistenza. Lucio Maranhao, che se lo ripetete tre volte di seguito vi sembrerà il nome di una maschera di carnevale e che invece ha ridicolizzato gente come Miranda e Murillo facendo una sola cosa: impegnandosi.
Miranda e Murillo, i titolari della difesa dell'Inter che è la sesta peggiore dell'intera Europa League, una competizione popolata da squadre come Zorya Luhansk, Qarabag, Astra Giurgiu: mi fermo per decenza, perché chiunque di voi abbia visto almeno un matchday di questa competizione può rendersi conto del livello medio di questo torneo in questa fase.

Qua c'è del paranormale.
Qua ci vogliono i fratelli Winchester direttamente dalla serie Tv Supernatural per aiutarci a capire quali dannati demoni o spiriti stanno attanagliando questa squadra, pur non sapendo se è il caso di chiamarla così o no.
Non c'è alcuna logica nel giocare 55 minuti col braccio fuori dal finestrino, ridicolizzando a tratti il modesto avversario con giocate a tratti sopraffine, per poi giocarne 35 senza più vedere un pallone nemmeno per sbaglio.
Non provate a dirmi che dipende solo da un crollo fisico: non esiste regalare tre gol in mezz'ora a quella squadra perchè sei crollato fisicamente.
Non esiste solo il crollo fisico se Murillo a difendere fa la stessa figura che io farei in un saggio di danza classica, con la sola differenza che Murillo il calciatore lo fa di professione.
Gli israeliani non segnavano in Europa dal 15 settembre, guarda caso proprio contro l'Inter, e non sono stati capaci di segnare nelle altre tre partite del girone: a noi ne hanno fatti cinque. Cinque!
Non veniamo a raccontarcela: l'Inter è sicuramente calata fisicamente, un copione a cui siamo abituati, ma non ha fatto nulla di nulla di nulla di nulla per togliersi le infradito dai piedi e il mojito dalle mani, in un sorta di gita premio in Israele interpretata dal 45' in poi come si interpreta una gita in seconda superiore.
C'è del paranormale in chi non solo ha permesso che tutto ciò succedesse una volta, ma ha anche permesso che questo indisponente ed irritante atteggiamento si reiterasse nel tempo regalandoci una saga europea che Malmo, Lugano ed Helsingborg sembrano a confronto dei semplici e sfortunati incidenti di percorso.

(Sospiro)
Non riesco bene a capire se non avessero fiato, non avessero voglia o non avessero interesse, potrei anche capire un discorso di priorità in cui l'Europa League diventa un possibile futuro fastidio quando c'è da recuperare in campionato. Davvero, lo trovo indegno ed irrispettoso, ma lo potrei comprendere.
Però non capisco per quale motivo andare in Israele a giocare mezza partita sul velluto, tra orpelli, tricks e la totale libertà di fare cose belle ed efficaci se poi ti devi ripresentare in campo così.
Mettiamo per assurdo, o nemmeno tanto assurdo: vuoi proprio farti eliminare? Il 2-2 sarebbe bastato per raggiungere lo scopo. Quindi mi si deve spiegare perchè al 93' qualcuno dei nostri si è fatto la passeggiatina stile ultimi minuti del calcetto tra amici mostrando la strada della vittoria agli avversari.

La grande paura che mi attanaglia da tifoso è il rapporto con la sconfitta di questi giocatori: ci flirtano, ci fanno pensieri perversi, ci si eccitano forse?
Non posso pensarla diversamente, nel momento in cui l'Inter sceglie deliberatamente di perdere la partita in coincidenza con il gol dell'1-2 dal già citato Maranhao. Rivedete il secondo tempo, se avete lo stomaco forte, e vi accorgerete che l'Inter la partita la perde proprio in quel momento.

E' forse questa coppa, questa competizione a stare prepotentemente sui coglioni a questi giocatori? Spiegazioni che non so darvi io e su cui chiedo il vostro conforto e confronto.

In questo quadro degno di una pellicola di Wes Craven, una certezza ce l'abbiamo: l'allenatore, chiunque sia, non è un attore protagonista di questo perverso horror.
Fa solo da Sparring Partner andando dopo la partita a cercare di spiegare perché lui era l'unico ad avere trance agonistica nel secondo tempo, a cercare di spiegare il paranormale che spariglia totalmente un piano partita che era valido ed efficace, come dimostra la prima parte di match, a cercare di spiegare perché giocatori abissalmente superiori agli avversari sul piano tecnico diventano improvvisamente figuranti a cui il pallone nemmeno sembra piacere.


La sola speranza è che senza il peso della competizione europea si ritrovi almeno il piacere di giocare e giocarsela in campionato e la si smetta di trattare la vergogna come un'amica di lunga data da ospitare in casa spesso e in maniera prolungata.
Vediamo se adesso può iniziare un'altra stagione, con una sola competizione di cui occuparsi e una rincorsa a coprire il gap di una stagione già compromessa.
Poi magari succede che arrivi di nuovo in Europa League e il loop ricomincia esattamente come prima e allora sarà il caso che qualcuno ci dica chiaramente dove vogliamo andare domani, invece di dirci che tra tot anni vogliamo essere tra i top del top del top del top senza ben spiegare come faremo ad arrivarci se non reggiamo l'impatto delle corazzate Sparta Praga e Hapoel Beer Sheva.
Intanto c'è un ranking Uefa che abbiamo già finito di aggiornare e che ci vedrà certamente sotto il 50°posto se non peggio a fine anno. Significa che se anche vuoi inseguire il miraggio terzo posto, poi è sicuro che te la dovrai vedere con inglesi o spagnole o tedesche: se perdi si va di nuovo in Europa League e il loop ricomincia.

(Sospiro)
Aiutateci ad aiutarvi, giocatori dell'Inter.
Aiutateci a darvi delle attenuanti, aiutateci a non dover credere che boicottate la maglia o che la indossate come si indossa una t-shirt da 5 euro.
Aiutateci a spiegarvi, visto che non ci arrivate, perché non si devono perdere partite come quella di ieri sera.
Aiutateci a farvi recepire che si può perdere, ma non si deve perdere così.

Aiutateci a rimanere innamorati di questi colori, perché è diventata una cosa sempre più difficile da reggere.

Aiutateci.
Altrimenti non aspettatevi che a un certo punto noi aiuteremo voi.

giovedì 24 novembre 2016

Le chances di passaggio turno dell'Inter in Europa: ai confini del miraggio



In molti si stanno chiedendo e mi stanno chiedendo le reali possibilità di qualificazione dell'Inter in Europa League, tremendamente complicate dalla sconfitta di Southampton ma matematicamente ancora possibili.
Ho percepito nella tifoseria la voglia di cercare ogni appiglio pur di rimanere nella competizione, ma devo ammettere che ad oggi la qualificazione sembra qualcosa di molto simile ad un miraggio, che ha sempre meno forza per delinearsi come qualcosa di concreto.

Andiamo con ordine e vediamo cosa può venir fuori dagli ultimi due matchday del nostro gruppo:

INTER SCONFITTA IN ISRAELE
In questo caso, i nerazzurri saluteranno la competizione già stasera e scenderanno in campo con lo Sparta Praga da già eliminati: sarebbe infatti impossibile colmare il gap di 4 punti che si creerebbe con l'Hapoel Beer Sheva.

INTER PAREGGIA IN ISRAELE
Anche in questo caso l'Inter sarebbe eliminata già da stasera in tutti i casi.
Pur volendo considerare il migliore dei casi (Saints sconfitti a Praga), la classifica sarebbe:
Sparta 12, Southampton 7, Hapoel 5, Inter 4.
Dovendosi scontrare inglesi e israeliani all'ultimo matchday, la soglia minima per il secondo posto diventerebbe di 8 punti, irraggiungibile per i nerazzurri

INTER VINCE IN ISRAELE
Con la vittoria l'Inter tiene aperta la porta agli ultimi spiragli di qualificazione salendo a 6 punti e rimandando ogni verdetto all'ultimo matchday, in casa contro lo Sparta Praga.
Logica suggerisce che lo scenario migliore sarebbe la vittoria dei cechi contro i Saints, in modo che poi l'8 dicembre vengano a San Siro già qualificati e certi del primato nel girone; anche in questo caso comunque è il Southampton ad avere in mano i giochi qualificazione, perchè con la vittoria in casa contro l'Hapoel gli uomini di Puel sono qualificati in ogni caso.
Se invece i Saints espugnassero Praga questa sera, l'Inter tornerebbe a poter ragionare sul suo destino che si compierebbe positivamente battendo poi i cechi con almeno 3 gol di scarto o col risultato di 2-0.
C'è teoricamente una possibilità anche con il 3-1, ma a quel punto entrerebbe in gioco la differenza reti generale e le variabili diventano difficili da prevedere.

Ricapitolando tutte le varie eventualità, ecco di seguito come i nerazzurri possono rimanere aggrappati all'obiettivo sedicesimi di finale:

INTER QUALIFICATA SE:
- Batte l'Hapoel e il Southampton batte lo Sparta + batte lo Sparta 2-0 o con 3 gol di scarto indipendentemente dall'altro risultato
- Batte l'Hapoel e lo Sparta batte il Southampton + batte lo Sparta e il Southampton non vince contro l'Hapoel
- Batte l'Hapoel e Sparta-Southampton finisce pari + batte lo Sparta e il Southampton non vince contro l'Hapoel

INTER ELIMINATA SE:
- Perde o pareggia con l'Hapoel
- Batte l'Hapoel + perde con lo Sparta
- Batte l'Hapoel + pareggia con lo Sparta (in caso di arrivo a 7 punti di Inter, Southampton e Hapoel passano gli israeliani per classifica avulsa)
- Batte l'Hapoel e lo Sparta vince o pareggia col Southampton + batte lo Sparta e il Southampton vince contro l'Hapoel
- Batte l'Hapoel e il Southampton batte lo Sparta + batte lo Sparta con un solo gol di scarto o con due gol di scarto ma subendone almeno due (4-2, 5-3)


Anche qualora arrivasse la qualificazione, ad ogni modo, in nessun caso l'Inter potrà vincere il girone e passando da seconda troverebbe nell'urna dei sedicesimi le prime dei gironi + le 4 migliori terze (in termini di punti nel girone) che retrocedono dalla Champions League.

Ai confini del miraggio, ma ancora in gioco: che cosa dite, possiamo crederci?
A voi l'ultima parola.

mercoledì 23 novembre 2016

Il bicchiere non esiste



"La stagione è salva", avrà pensato qualcuno nell'euforia post gol di Perisic che toglieva l'Inter dall'ennesimo imbarazzo per l'ennesima sconfitta stagionale.
Il pensiero a caldo ci sta: hai ripreso il Milan all'ultimo respiro, gli hai tolto l'urlo liberatorio di bocca e hai una sensazione di giustizia per una partita che a conti fatti non meritavi di perdere.
Poi, perché nel calcio sfortunatamente devi sempre fare i conti col poi, ti si figura davanti la classifica e ti rendi conto che effettivamente sei emerso dal vortice ma non ti sei affatto tolto dalle sabbie mobili. Il derby è stato pareggiato, ma per iniziare solo a ragionare su termini di un certo peso come "svolta", "crocevia", "stagione che gira" il derby serviva vincerlo, perché il saldo punti resta deficitario e il Milan resta troppo in alto, nelle posizioni che determinano il tuo obiettivo.
Possiamo discutere a lungo sulla possibilità che il Milan meriti o meno la classifica che ha, che a un certo punto crollerà, che la fortuna gira eccessivamente dalla sua parte: la verità, secondo me, è che il Milan ha fatto di necessità virtù giocandosela nel solo modo utile per conseguire risultati in una partita come questa, al netto della rosa a disposizione.
Una partita tatticamente simile al derby l'Inter l'ha giocata e vinta contro la Roma poco più di un anno fa e quel Milan non è molto distante da quella Inter: si difende con discreto ordine, è veloce a ripartire, propone soprattutto il contropiede e i risultati al momento dicono che l'atteggiamento paga, come lo dissero a noi interisti 365 giorni fa.

Possiamo davvero disquisire a lungo su tutto questo, ma la classifica di Serie A si basa sui risultati e non sul merito, ragion per cui siamo entrati in una fase in cui ogni partita servirà per salvare la stagione: succederà domani in Israele, succederà lunedi con la Fiorentina e venerdì con il Napoli e ci sono ottime probabilità che questa striscia di ultimi appelli ed ultime spiagge proseguirà imperterrita fin quando la classifica non ci dirà, se lo dirà, che siamo rientrati in carreggiata e che il countdown della bomba ad orologeria pronta a deflagrare su una stagione nata male e proseguita peggio si è finalmente fermato.

L'operazione "salva-stagione", affidata a Stefano Pioli (a proposito: non male l'esultanza convinta e liberatoria nel derby, è una piccola cosa ma serviva), è appena iniziata, ma potrebbe già finire nell'arco di poco tempo giacché la stagione è visibilmente compromessa, davanti ci sono partite non propriamente morbide (una parte di voi nemmeno era stata concepita quando l'Inter vinse per l'ultima volta al San Paolo in Serie A) e soprattutto l'Inter, come era lecito attendersi, è uscita dal derby consapevole di dover lottare con gli stessi problemi di sempre.

A partire dalla condizione atletica: non c'è altro modo di poter spiegare con una logica per quale motivo si prende un gol al 40' del primo tempo da una rimessa del portiere, con la squadra in 80 metri di campo come stesse giocando da un mese e mezzo, con il tappeto rosso ad apparecchiare il comodo coast-to-coast di Bonaventura per 40-50 metri.
Hai voglia poi a prendertela con Ansaldi che lascia due centimetri e mezzo di specchio a Suso, se a monte c'è un intero centrocampo che a neanche metà partita sbraca e non ha più fiato nemmeno per riposizionarsi.
Anche se questo è un problema irrisolvibile fino al richiamo di preparazione di fine dicembre, è impensabile che l'Inter sia efficace nel tipo di gioco propositivo visto anche domenica sera se nei fatti la sua partita dura 60 minuti, che siano consecutivi o distribuiti nel corso del match.

Nonostante la sgambatina che è costata un gol, il centrocampo è stato apprezzabile in fase di possesso ma tale padronanza ha suo malgrado evidenziato un altro limite ormai atavico ed evidente della squadra, la difficoltà nel finalizzare: dati alla mano, all'Inter servono qualcosa come 12 tiri prima di riuscire a buttare la maledetta palla in rete. Impossibile mirare all'alta classifica se non si sistema in fretta questa anomalìa e ben venga che anche in una serata nera come la pece per Mauro Icardi siano venuti fuori i gol degli esterni offensivi di cui c'era una necessità ormai disperata: a questo proposito, segnalerei l'interessante mossa di Pioli nell'accentrare Candreva per avere maggiori possibilità di successo nella conclusione.

Se l'attacco piange, la difesa non ride: Pioli sembrava averla azzeccata con l'arretramento di Medel di cui si parlava senza seguito da tempo, ma dato che la malasorte ci vede benissimo ha lesionato il menisco del Pitbull nel momento in cui aveva finalmente messo d'accordo tutti i tifosi sul suo contributo alla causa.
Uscito il cileno, ha iniziato a grandinare nella trincea nerazzurra ed è fin troppo superficiale incolpare Murillo entrato a gara in corso perché, come già spiegato, il peccato originale si trova nella fase difensiva deficitaria dell'intero collettivo che non trova più un punto di riferimento in Miranda, attualmente parecchio lontano dalla sua scintillante versione di un anno fa: troppo evidente il modo in cui si pianta a terra regalando a Suso le chiavi della porta nerazzurra proprio nel momento in cui l'inerzia del derby poteva girare a nostro favore.

Ultimo, ma non meno importante, è il problema dei terzini: Ansaldi ad oggi, date tutte le attenuanti possibili sul suo stato di forma, non ha spostato davvero nulla in un reparto già ai minimi termini qualitativi. Diventa davvero necessario investire su un sicuro fuoriclasse, soprattutto per questo tipo di gioco, senza continuare a tirare a campare con la buona vena di D'Ambrosio che ha giocato un derby ottimo ed ammirevole ma che è pur sempre D'Ambrosio e nulla più.

Ma allora, Santucci, ci stai dicendo che il bicchiere è mezzo vuoto?
No, affatto: se pareggi un derby così non puoi non godere del prezioso liquido che ti smorza sulle papille l'amarezza che avrebbe lasciato la sconfitta.
Ciò che temo è che l'andamento del derby sposti scelleratamente l'asticella emotiva dall'abisso ad un'euforia che non sarebbe del tutto giustificata: tante partite difficili davanti e vecchi vizi da togliersi quando però di tempo e di occasioni ce ne sono sempre meno o non ce ne sono quasi più.
Non è cambiato nulla rispetto a prima, quindi: sì e non poteva essere altrimenti, non ho ancora comprato il panettone ed ho già visto transitare tre allenatori in questa stagione, l'ultimo dei quali ha lavorato senza mezza squadra per preparare il suo infuocato esordio.
O forse no, forse una cosa è cambiata: un episodio che è girato giusto nell'unico momento in cui serviva girasse giusto non si era mai visto in questo avvio, per ora potrebbe anche bastare che Pioli sia un cavallo fortunato senza la necessità di essere un cavallo di razza.

Il bicchiere è mezzo pieno allora?
No, il bicchiere d'ora in poi non esiste perché non possiamo più pensare che possa andare bene una partita come quella di domenica, con gli stessi comuni denominatori di molte altre: buone idee e numeri promettenti da una parte ma dall'altra parte pochissima finalizzazione e gol presi da polli.

No.
Le mezze misure devono iniziare ad andarci strette, se vogliamo uscire da questo loop in cui la coperta è sempre inesorabilmente troppo corta e sono certo che Pioli lo sappia molto bene.

Buona fortuna, mister: ne avrà davvero tanto bisogno.

venerdì 11 novembre 2016

Make Inter great again!



Prendo la macchina del tempo e torno all'anno 1991, in un mondo che ha una faccia completamente diversa da quella di oggi.
Compro il mio bravo spazio su un giornale sportivo, ancora molto serio ed attendibile nell'epoca in cui mi trovo, e annuncio una cosa tipo: "Io conosco il futuro e vi posso garantire che tra 25 anni lo showman del wrestling Donald Trump sarà Presidente degli Stati Uniti e il difensore della Fiorentina Stefano Pioli sarà allenatore dell'Inter. Di più: queste due cose succederanno nella stessa settimana".
Se una cosa del genere fosse stata davvero scritta nel 1991, tra le pagine che parlano della prossima fine dell'URSS e di Maradona positivo per la prima volta all'antidoping, avrebbero causato ilarità, scherno, incredulità.
Ma come, noi ci aspettiamo le macchine volanti e gli extraterrestri e tu ci vieni a dire queste cose?
Mentre torno nel 2016 penso che effettivamente le persone del 1991 non avevano tutti i torti ad avere un'altra aspettativa di progresso, ma ciò che non sapevano è che le condizioni in cui avvengono questi eventi sono decisive.
Come Trump difficilmente avrebbe potuto spuntarla senza il moto dell'antipolitica ormai consolidato nell'elettorato di tutto il mondo, così Pioli difficilmente sarebbe sulla panchina dell'Inter se la dirigenza nerazzurra avesse azzeccato con lungimiranza le scelte del recente passato.
Entrambi sono ora in un posto che nel 1991 avrebbero certamente ambito, ma che sono assolutamente convinto non si sarebbero mai potuti aspettare: entrambi, per motivi diversi, hanno raggiunto questa occasione grazie agli errori dei loro predecessori e al fallimento di modelli ritenuti sicuri che hanno invece tradito elettori e tifosi.

Senza scomodare ulteriormente il Presidente in pectore degli USA, vi dirò che Stefano Pioli non è certo l'allenatore che avrei scelto all'inizio dell'ennesima stagione che non si può(non si poteva?) sbagliare, ma devo ammettere che sembra aver capito dove si trova e quali sono i problemi principali: la necessità di cementare un gruppo che ha ancora troppe fazioncine interne per potersi comportare da squadra, l'applicazione di determinati principi di gioco su cui De Boer, risultati alla mano, è andato pur coraggiosamente anche oltre il sostenibile, la suddivisione tra giocatori intelligenti e giocatori meno intelligenti.
Quella dei principi di gioco più importanti del modulo non è una frase fatta per Pioli, che ha dimostrato sul campo di saper applicare questo concetto all'ennesima potenza nella sua avventura alla Lazio; mi aspetto da lui sicuramente delle scelte conservative per l'immediato, giacché al di fuori del risultato adesso conta veramente poco, e se queste avranno successo potrà allora iniziare a giocare col potenziale della rosa per trovare la soluzione più congeniale.
Pioli trova condizioni che molti dei suoi predecessori non hanno mai avuto tutte insieme nello stesso momento: ha il placet della proprietà, ha il sostegno della dirigenza che lo ha scelto, ha le ingenti risorse di Suning per migliorare la squadra sul mercato e ha la rosa qualitativamente migliore degli ultimi 4 anni.
Con intelligenza, tempismo e buon senso, Pioli può avvantaggiarsi in modo forse decisivo dell'impressionante serie di errori fatti dalla dirigenza negli ultimi mesi, perché con Bolingbroke messo alla porta senza appello (ah, avevate creduto alle dimissioni spontanee?) ora è piuttosto chiaro che la Cina non ha nessuna voglia di scherzare e nessuna intenzione di passare sopra agli errori commessi dai quadri dirigenziali.
Attraverso questi venti che soffiano a favore sulla barca a vela di Pioli, il tecnico parmense può almeno tentare di essere il potenziatore che auspica di poter diventare.

In ultima analisi la scelta di Samuel, di cui Pioli ha rivendicato la paternità, mi sarebbe sembrata un po' ridondante in altre condizioni, ma assolutamente sensata in questo momento in cui sono in molti a non avere idea di quanto peso specifico abbia la maglia dell'Inter.
Wally non è certamente la panacea a tutti i mali, cosa che ci dobbiamo ricordare se i risultati non arriveranno senza scadere nelle becere sentenze alla cieca, ma può diventare una figura ispirazionale per molti nella rosa attuale che potrebbero così imparare ad essere forti, continui, impeccabilmente professionisti e mai sopra le righe o fuori posto con le parole come Samuel è sempre stato.
I problemi sono possibilità che vengono offerte per fare meglio, diceva un tale, e dopo aver pagato con risultati spietati i problemi che l'Inter si è creata da sola in tutti i modi e le componenti possibili, questa potrebbe rappresentare un'opportunità per instillare almeno le basi ed i principi di un radicale cambiamento che non può davvero più aspettare.

Pioli, Samuel, dirigenti, calciatori, tifosi: la palla passa a voi.
Make Inter great again, tutti insieme.
O quantomeno facciamo vedere che ci vogliamo provare.

venerdì 4 novembre 2016

De Profundis


C'era una volta la coppa delle grandi imprese.
C'erano una volta gli Aston Villa e gli Strasburgo.
C'era una volta l'Inter delle tre Coppa UEFA vinte più una finale persa ai rigori.
C'era una volta un torneo in cui centrare almeno i quarti era il minimo sindacale per l'Inter, c'era una volta la vecchia Inter che usciva male col Lugano, reagiva e negli anni successivi si faceva due finali consecutive.
C'era una volta perché ora non c'è più.

Abbiamo accettato con molta fatica il forzato ridimensionamento alla Coppa UEFA dopo un decennio di Champions e da quando abbiamo dovuto tenerci liberi il giovedì non abbiamo mai visto nulla oltre gli ottavi.
Oggi ci svegliamo e dobbiamo prendere atto che la nostra dimensione già ridimensionata non è nemmeno questa.
Dobbiamo prendere atto che parlavamo di stare al passo degli squadroni che un lustro fa mandavamo a casa per poi scoprire che Southampton, Sparta Praga e Hapoel Beer Sheva sono troppo per noi.
Dobbiamo prendere atto che in un girone che sembrava servito sul piatto delle feste, la matematica è rimasta l'unica sponda a darci ancora credito e giù di calcoli desolatamente fini a loro stessi.

Inutile parlare della partita, inutile sottolineare la preparazione penosa a quello che doveva essere un crocevia stagionale, inutile spendere ancora energia negativa per descrivere la situazione.
Rimarrà l'orgoglio sotto i tacchetti di una squadra che al 69' della sua quarta partita ha accettato l'uscita dall'Europa tra pomodori e fischi e lo ha fatto a testa bassa, senza ribellarsi.
Lo scempio di Nagatomo rimarrà l'istantanea di questa stagione europea, a metà tra l'orrendo e il ridicolo.
Nient'altro si riesce a dire.

Andate avanti voi, che a me viene da ridere.
O forse da piangere.