Tre punti sono tre punti e non c'è notizia migliore di una vittoria per una squadra che se non è ancora malata, è quantomeno convalescente.
Tre punti sono tre punti e quando te li prendi non ti viene più da pensare che per un attimo hai rischiato di perderli, o quantomeno ne hai avuto la sensazione.
Tre punti sono tre punti e li archivi senza farti troppe domande, anche se analizzando la partita scopri una squadra che parte in assetto a testuggine e finisce, ancora una volta, troppo raffazzonata.
E' uno dei lati interessanti del tifare Inter: hai davanti a te una squadra che credi di conoscere e ti aspetti magari che persino la Fiorentina, squadra con problemi non così distanti dai tuoi, riesca a darti il colpo di grazia e invece succede che esulti tre volte nei primi venti minuti, come non ti capitava da quasi 27 anni (Inter-Bologna 3-0, 14 gennaio 1990) o come non ti era mai capitato, perché sei troppo giovane, nemmeno negli anni del primo Mancini e nemmeno nei gloriosi anni di Mourinho.
La nostra squadra questa volta ha un merito bello grosso, al netto della sua situazione: quello di aver indirizzato in modo decisivo la partita quando ancora c'erano gambe e testa per farcela per poi riuscire a gestire, pur senza più benzina e pur in vantaggio di un uomo, il solco creato giocando mezz'ora di manifesta ed abissale superiorità.
I problemi però rimangono e sono sempre, sinistramente, gli stessi.
A partire dalla condizione atletica: come stiamo vedendo da inizio stagione, l'Inter non gioca più di massimo 60 minuti nella stessa partita, che siano essi consecutivi o distribuiti a tratti nell'intera durata della partita. Non può più essere un caso se l'Inter arriva a un punto della sua partita in cui non è fisicamente in grado di tenere un pallone tra i piedi, come già visto in Israele e come già visto in alcune partite della vecchia gestione.
Se è sempre valido il detto "Chi non ha testa abbia gambe", l'Inter arriva puntualmente al momento in cui non ha nessuna delle due cose, trovandosi in uno stato paradossale in cui vengono meno i due ingredienti principali che servono per giocare a pallone, soprattutto a certi livelli. Un po' come un ristoratore che deve fare le patatine fritte e si accorge ad un certo punto, tutte le sere per settimane, che sono finite sia le patate che l'olio.
Sarei propenso a sposare la tesi secondo cui migliorando la tenuta atletica, può andare a migliorare anche la tenuta mentale: le due cose non sono sempre consequenziali, ma quando il carburante finisce e il motore si ferma chi sta alla guida non ha più nulla per cui usare la testa.
Quello della condizione deficitaria, se non inaccettabile a questo punto della stagione, è un tema che abbiamo toccato spesso e che si può cercare quantomeno di mitigare solo con il richiamo di preparazione di fine anno solare: con il calcio tambureggiante ed aggressivo che stiamo intravedendo nelle idee di Pioli il miglioramento atletico è una delle possibili svolte stagionali, giacché l'Inter finché corre è una squadra ancora lontana dalla perfezione ma certamente bella e ieri sera anche efficace.
Parli di efficacia e ti viene in mente che, fino al match con la Fiorentina, all'Inter servivano in media 12 occasioni prima di fare centro: ieri sera i nerazzurri sono andati a bersaglio 3 volte nei primi 4 tentativi verso la porta. Un dato confortante, che non ha però permesso di chiudere la partita come ci si poteva attendere e nel secondo tempo la conversione delle chances è tornata ad essere insufficiente (inaccettabile ad esempio l'errore di Joao Mario sul 3-2).
Considerazioni che ci portano all'ultimo problema atavico: perchè l'Inter non chiude le partite anche quando tutto lascia pensare che le abbia chiuse? La risposta, ancora una volta, sta nei gol regalati. Che sia Kondogbia (Bologna), Santon (Atalanta), Miranda (su Suso); che sia Murillo (in Israele) o che sia Handanovic (ieri spiazzato da trenta metri), l'Inter conserva l'irritante tendenza a prendere gol su errori individuali assortiti e troppo gravi per essere ignorati, principali responsabili degli 1,29 gol che l'Inter ha preso in media fin qua in campionato; un ritmo decisamente troppo permissivo per gli obiettivi preposti.
Se però l'Inter vince 4-2 ci sono sicuramente anche dei miglioramenti da registrare e in questo senso comincio a notare qualche buon risultato dall'avvento di Pioli.
Ad esempio, l'approccio alle partite che i nerazzurri non sembrano più sbagliare: nelle tre partite di Pioli, compresa quella in Israele, la squadra è partita convinta, aggressiva ed affamata trovando anche complessivamente cinque gol nella prima mezz'ora.
Una tendenza confortante che, se confermata, diventerà fondamentale soprattutto quando a San Siro si presenteranno le squadre medio-piccole che ti complicano maledettamente la vita se non sei in grado di mettergli subito in chiaro i valori tecnici superiori.
Seconda buona notizia: Antonio Candreva. Sembra un paradosso, visto il romanzo costruito sopra il laterale ex Lazio con l'avvento di Pioli, ma in questo avvio del tecnico parmigiano il numero 87 ha trovato gol e continuità di rendimento nella partita, in entrambe le fasi. Non è ancora al suo meglio, ma oggi penso si possa tranquillamente affermare che il miglior colpo estivo, a dispetto di come la pensavo io stesso, è proprio lui.
Con buona pace di Joao Mario che, dopo un inizio da sogno, per ora è in fase calante ed in attesa di tempi migliori che certamente arriveranno anche per lui e di Banega, che dà segnali di centralità e miglioramento, ma deve trovare quella maledetta continuità che la sua carriera non vuole proprio concedergli.
Parlando di fascia destra, registro la seconda partita molto positiva di Danilo D'Ambrosio: uno dei pochissimi che sembra non perdere mai fiato e voglia di arrivare sul pallone prima degli altri. D'Ambrosio, anche al suo culmine, rimarrà sempre D'Ambrosio ma è altrettanto vero che un rendimento di questo genere, se continuo, una pezza al problema dei terzini può tentare di metterla.
Ultimo, ma non ultimo c'è Mauro Icardi: due gol (11 e 12 in questa Serie A, 68 e 69 complessivi in massima serie), un'espulsione propiziata che non bastano, come non basterebbe nulla, per cambiare il pregiudizio di una parte della tifoseria su di lui.
Non più tardi di domenica mattina, dopo la vittoria del Milan a Empoli, sono stato richiamato su Twitter (con lo scopo di rafforzare a mesi di distanza il concetto originale) ad una conversazione di giugno in cui mi si diceva che un 9 come Lapadula serviva all'Inter ("Polli a non prenderlo"): senza nulla togliere alle abilità certamente interessanti dell'ex Pescara, non trovo una spiegazione logica al diffuso pensiero che all'Inter manchi un 9.
Possiamo certamente dire che Icardi potrebbe essere più completo, ma estremizzare il concetto chiudendo gli occhi di fronte al contributo in termini di gol di questo attaccante in nome del fatto che "l'attaccante moderno" oltre a segnare è obbligato a pelar patate per 90 minuti, mi sembra sempre più tendenzioso e pretestuoso come discorso.
Icardi può starvi sulle balle finché volete, ma ancora una volta la differenza tra il pareggio e la vittoria sono due gol suoi: i fatti sono incontestabili.
La chiosa la dedico alla polemica che si è creata sull'arbitro: pare che nella tifoseria interista sia assolutamente vietato constatare che questa volta l'arbitraggio ha girato dalla parte giusta. Sull'espulsione a Gonzalo (non uno scandalo, ma personalmente mi permangono dubbi sulla chiara occasione da gol), sul calcio di rigore non concesso a Gonzalo stesso (a parti invertite) personalmente lo avrei reclamato), sul fallo solare di Ranocchia non ravvisato che dà il via al gol del 4-2.
Mi chiedo davvero che male ci sia a fare questo tipo di constatazioni, quando si è dalla parte della vittoria e quando tali episodi non pesano sulla vittoria stessa in maniera oggettivamente incontrovertibile.
La Fiorentina deve cercare in casa sua le responsabilità della sconfitta, come l'Inter lo deve fare quando tocca a lei finire nel vortice dell'errore umano di chi tiene il fischietto: cercare all'esterno la responsabilità delle proprie cadute (salvo casi eccezionali e ormai lontani nel tempo, ovviamente) è la primissima chiave per instillare una mentalità perdente fatta di alibi e di colpe altrui.
Siamo l'Inter e dobbiamo ricordarci che le vittime designate sono quelle che nella vita non raggiungono il successo.
Tre punti sono tre punti e ce li prendiamo come si prende una boccata di ossigeno uscendo dall'apnea, tre punti nonostante i problemi, nonostante le perplessità.
Tre punti da goderci, almeno oggi, tutti insieme.
Anche se un po' raffazzonatamente.