Arriverà anche il tempo di cicaleggiare: la nuova Inter di Spalletti non strimpella ancora accordi in barré né canta melodie festaiole, ma nel fienile ha messo già il massimo delle provviste a disposizione nonostante uno degli avvii più ostici tra i suoi competitors.
Anche se, nel sudore lasciato a terra per avere ragione di una Spal organizzata e spessa, un assolo di rock'n roll lo ha regalato Perisic.
Ma andiamo con ordine: Spalletti aveva già stilato un programma fedele della sua domenica in settimana, ammonendo sul fatto che chi si aspettava una gita di fine estate ci sarebbe poi rimasto male.
Non era retorica, come non lo è mai quando parla lui: non può essergli sfuggito il percorso decennale del suo conterraneo Leonardo Semplici che ha fatto tappa anche nella sua Certaldo nel lontano 1992, in quell'anno in cui Lucianone finiva la sua carriera giocata nella vicina Empoli.
Sapeva bene che Semplici non è più il commerciante che si dilettava da giocatore nel sottobosco toscano, ma è allenatore vero: è sempre quello che ha portato il Figline Valdarno dall'Eccellenza alla C1, sempre quello che ha fatto di Bernardeschi un giocatore pronto per il professionismo ai tempi della Primavera viola, sempre quello che ha riportato la Spal al massimo dopo 50 anni travagliati.
Sapeva che la sua squadra era più forte, ma che non bastava: la sua doveva essere una squadra superiore a partire dal concetto di squadra.
Nominando in conferenza stampa Gagliardini, che alcuni avevano già dato per disperso la mattina stessa, ha responsabilizzato il giocatore: "ho fiducia in te e te lo dimostro senza paura di farlo sapere al mondo". La chiave giusta per il numero 5 nerazzurro che alla fine risulterà il più sostanzioso tra i centrocampisti nerazzurri.
L'innamoramento calcistico del tecnico per Perisic, che per lui si è esposto fin da subito a scapito di qualche probabile preordinata strategia di mercato, vive nel pezzo di bravura che ha sigillato i 3 punti con la ceralacca: magari Perisic non ti impatta sempre la partita con un piccone, ma te la chiude con il fiocco ed il bigliettino glitterato se decide che è ora.
E che dire di Skriniar, solo sabato profetizzato top mondiale entro un anno dall'allenatore e che oggi ci lascia il genuino dubbio su chi sia il leader difensivo tra lui e Miranda come non ci saremmo mai sognati di fare.
Spalletti parla tanto, ma non a caso: quando chiama in causa un'individualità relativa alla partita di cui sta parlando, c'è sempre un'ottima possibilità che abbia visto in quell'individualità la differenza tra una partita incompiuta ed una centrata. Anche Joao Mario, in una partita con un solo vero guizzo, ha spostato qualcosa procurandosi la massima punizione risultata poi capitale nell'economia della partita.
Tutto benissimo, allora? No e sarebbe quantomai fazioso e fuorviante definire perfetta a metà settembre una squadra che sta rivoluzionando la sua filosofia.
La trequarti resta un cruccio: magari non passeranno tante piccole organizzate e tignose come la Spal di Semplici, ma quando arriva a San Siro una squadra chiusa e le porte da scardinare diventano più robuste l'Inter dà l'impressione di avere meno soluzioni offensive di quanto dovrebbe. In un deja vu, forse l'unico, di quanto visto lo scorso anno, la pedina sulla trequarti non riesce mai ad essere un offensivo che incide in maniera significativa negli ultimi 16 metri, con l'immediata conseguenza che col passare dei minuti si va sempre più sulle fasce e si diventa sempre più prevedibili.
La manovra rallenta, l'occupazione degli spazi in area diventa frammentaria e il risultato è che domenica su 30 cross totali solo 6 sono risultati utili per generare un'occasione da gol: il 20%, una percentuale davvero troppo deficitaria per risultare l'unica freccia nell'arco.
Può metterci una pezza Icardi muovendosi di più "a elastico", ma questo significherebbe sovraccaricare il finalizzatore per colmare la mancanza di un rifinitore incisivo e il problema rischierebbe solo di essere deviato anziché risolto.
Una soluzione più percorribile potrebbe essere invece infoltire la mediana schierando contemporaneamente Vecino e Gagliardini e allargare il raggio d'azione dei due esterni per l'occupazione degli spazi centrali: come dire che se non hai un 10 convincente in squadra, puoi provare a giocartela con due 9 e mezzo.
Tutto questo Spalletti lo ha realizzato probabilmente nel secondo giorno di ritiro e per questa ragione ha chiesto il Nainggolan della situazione, o lo stesso Radja, senza però ottenerlo: una soluzione, interna o dal mercato, in qualche modo arriverà.
Al di là di limiti strutturali di cui abbiamo già parlato, molti tifosi interisti tengono la linea del "tanto abbiamo già visto come finisce con questi giocatori". Non li biasimo, ma quando ami e decidi di dare una seconda possibilità devi anche mettere in conto che il giudizio deve essere equo e coerente, altrimenti è meglio distaccarsi senza concedere l'opportunità di cambiare. Perché l'Inter vuole cambiare e questo è sotto gli occhi di tutti, farcela o meno è un discorso che non si può affrontare oggi.
Oggi bisogna guardare la dispensa e vedere i 9 punti che la squadra ha messo via per rendere rimediabili gli inevitabili periodi di magra e flessione: arriverà anche il tempo di cicaleggiare.
NOTA A MARGINE 1: 57.235 spettatori. Sotto la pioggia, alle 12.30, contro una squadra che non vedeva la A dal 1967. Un'interista non è mai mai mai domo.
NOTA A MARGINE 2: Il chiacchiericcio sull'utilità del VAR mi ricorda chi chiede di adeguare in sicurezza un incrocio pericoloso e quando poi ci passa recrimina sul fatto che quell'incrocio così com'è gli svilisce il suo collaudato stile di guida.
La verità sul VAR è una sola e varrà anche quando la decisione sarà avversa: rendere più regolare una partita di calcio è cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza per la Serie A.
Amen.
Nessun commento:
Posta un commento