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lunedì 6 novembre 2017

La classifica non è un'opinione



30 punti su 36.
12 turni di imbattibilità.
11 punti su 15 conseguiti contro le prime otto in classifica.
2 punti di distacco dalla vetta.
11 punti di distacco dati ai rivali cittadini.
Oggi mi è stato detto che negli ultimi anni siamo diventati commercialisti, che i numeri ci stanno influenzando troppo; io dico invece che abbiamo perso di vista l'inoppugnabile, cioè la matematica, a favore dell'inconsistenza insita nella post-verità. E in questo caso la sola verità che conta, cioè il numero di punti in classifica, passa in secondo piano a favore di opinioni, proiezioni, picchi emotivi, ansia da prestazione, ansia da pressione, paranoia, traumi del passato e terrore del futuro.
Scendiamo un attimo dalla giostra e organizziamo un'analisi razionale: ne ho bisogno io e forse ne avete bisogno anche voi.

IL PASSO CHAMPIONS NON È IL PASSO SCUDETTO
C'è un grande equivoco in questa Serie A: proiettare la classifica finale secondo le medie attuali. Oltre ad essere un equivoco è un grave errore, come proiettare l'ordine di arrivo e relativi tempi dei 10mila metri piani quando la distanza coperta non è neanche a due chilometri. Credere che tutto proceda secondo un trend prestabilito senza alcuna variabile o variazione.
Un errore che in ambito comportamentale è conosciuto come "fallacia della mano calda" e che è uno dei tranelli cognitivi più comuni, soprattutto dove l'ambito è la competizione.
Non è ragionevole credere che quattro squadre vinceranno sempre, in primis perché i campionati vivono di fasi nelle quali nessuna squadra è mai stata continua dall'inizio alla fine: nemmeno l'Inter dei 97 punti 2006/07, che a questo punto del campionato aveva lo stesso punteggio dell'Inter attuale. Nemmeno la Juventus dei 102 punti, che a questo punto del campionato aveva già perso una volta.
Ragionevole è dire che ogni stagione è a sè e può spostare nuove frontiere o abbattere limiti pre-esistenti, però deve valere per tutti: anche per l'Inter che quindi non ha la certezza di fallire l'obiettivo, come qualcuno sta insinuando, solo perchè esiste un precedente del 2015-16 in cui all'ottimo avvio (risultante comunque in tre punti meno dell'attuale) è seguito un crollo primaverile.
Non lotterà per lo Scudetto l'Inter, non lotterà per lo Scudetto la Lazio e molto probabilmente nemmeno la Roma: proprio perchè le soglie di punteggio sono le più alte di sempre, alla lunga saluteranno la compagnia le squadre più attrezzate per il bersaglio grosso e nel contempo abbastanza navigate da poter sublimare la loro crescita. Tra queste, io ne riconosco sempre e solo due con le altre a galleggiare su un livello di poco più basso.


ESISTONO ANCHE GLI AVVERSARI
Un altro grosso equivoco nel giudizio di questo campionato è credere che ogni partita sotto la quinta in classifica sia da considerare alla stregua di un allenamento: i due punti persi con il Torino sembrano oggi una fatalità irrimediabile e non si capisce perchè i due punti persi dalla Lazio con la Spal siano da ascrivere agli innocui incidenti di percorso delle prime giornate, come se la classifica della Serie A non le annoverasse.
Fa parte della post verità dire, dopo il pareggio con il Torino, che Roma e Lazio hanno un passo diverso e superiore: dire che certe partite loro non le sbagliano, con certe squadre loro passeggiano.
La Lazio ad esempio ha portato a casa il risultato di misura e negli ultimi minuti sui campi del Chievo e del Genoa, si è fermata come detto contro la Spal e ha rischiato di farsi riprendere a Bologna; la Roma è andata certamente meglio, ma non ha dominato in lungo e in largo contro Crotone e Bologna, oltre ad aver già inanellato due sconfitte nei cosiddetti scontri diretti.
C'è inoltre una differenza da rimarcare sul calendario ancora incompleto, allorché la Lazio ha sfidato in 8 occasioni su 11 squadre che navigano attualmente tra l'11° e il 20° posto a differenza dell'Inter che ha avuto tale privilegio due volte in meno fin qua.
Va chiarito, non è una discriminante vincere soffrendo: è semplicemente uno degli step fondamentali di un campionato nonché uno degli indicatori più consistenti di una squadra presente e determinata anche quando la superiorità sulla carta sembra più assottigliata in campo. Proprio questo è l'elemento che dovrebbe far dire ai tifosi dell'Inter che la loro squadra c'è.
Un discorso che vale anche per Napoli (due vittorie in rimonta con Genoa e Sassuolo) e Juventus (in rimonta con Genoa e Benevento).
Gli avversari esistono per tutte ed in particolare il Torino visto a San Siro ha portato via un punto più per meriti suoi che per demeriti nerazzurri: è evidente che la squadra superiore che è l'Inter abbia primeggiato nel computo delle occasioni avute, ma va considerato che la maggior parte di esse siano arrivate negli ultimi dieci minuti, in cui il Toro ha deciso che l'1-1 poteva andare bene ed ha arretrato il proprio baricentro di una ventina di metri per la prima volta in tutta la partita.
La squadra di Mihajlovic è stata ampiamente all'altezza dell'impegno e ha accarezzato anche l'idea di fare il colpo grosso dopo essersi trovata in vantaggio: non sarà l'unica volta che accadrà in questo campionato, nè all'Inter né alle sue competitors.


L'INSERIMENTO DEI NUOVI
A proposito dell'Inter, l'appetito arrivato mangiando punti e battendo record storici pur parziali ha completamente lasciato cadere nel vuoto un tema fondamentale dell'inizio di stagione: la squadra di Spalletti è quella che ha meglio saputo inserire i suoi nuovi arrivi all'interno del proprio rinnovato sistema di gioco.
Tendiamo a dimenticarlo per la buona abitudine dei tempi recenti, ma tra le prime cinque in classifica l'Inter è sicuramente la squadra più in rodaggio che c'è: nuovo allenatore e con lui nuova filosofia, con due terzi della spina dorsale composta da neo acquisti (Skriniar e Vecino) che hanno saputo giocare duro fin da subito, ma che hanno ancora consistenti margini di crescita nei loro servigi per la squadra che hanno attorno.
Guardandoci altrove, abbiamo Juventus e Napoli con progetti avviati da almeno tre anni; la Lazio aveva già trovato la sua alchimia nel girone di ritorno dello scorso anno e la sta mantenendo a seguito di qualche ritocco dovuto ad inevitabili cessioni (Biglia). 
Anche la Roma ha cambiato tecnico e variato sistema di gioco, ma ha mantenuto la stessa spina dorsale che le consegnò il secondo posto un anno fa: Fazio/Manolas, Nainggolan/Strootman e Dzeko. Il merito è quello di aver saputo ovviare alle perdite in rosa con elementi che sembrano un deciso upgrade, come Alisson e Kolarov, che si sono tuttavia inseriti in un sistema che era già funzionante senza che lo abbiano di fatto creato come successo all'Inter.


LA ROSA CORTA
La sola cosa che all'Inter dà un giustificato motivo far storcere il naso è il numero di abili ed arruolati per la stagione in corso: Spalletti ha di fatto 14 titolari e nessuna riserva, guardando il momento attuale. Non ha le armi per poter stravolgere una partita bloccata, poco contributo da giocatori ancora troppo acerbi o semplicemente poco affidabili, ha potuto trovare la quadra non toccando quasi nulla rispetto a ciò che aveva in mente durante l'estate.
Giriamo lo sguardo e vediamo che il Napoli non ha un imprinting così tanto diverso: lì i titolari sono più o meno 15, ma la grossa differenza è che se Sarri si trova in emergenza può provvedere numericamente, se capitasse in questo momento a Spalletti toccherebbe citofonare a casa Vecchi per tirar su qualche sbarbatello e poter compilare la distinta.
Questa è l'unica ombra davvero concreta su una stagione positiva e l'unico vero motivo di preoccupazione per il futuro: già solo un cartellino giallo a carico di Miranda ad oggi vorrebbe dire Ranocchia titolare e nessun cambio di ruolo dietro, con la possibilità di arruolare D'Ambrosio per tale posizione spostando però il buco dal centro alle fasce, là dove al posto del 33 nerazzurro potrebbero giocare solo Cancelo (definito non pronto), Santon (poco affidabile per evidenza) o al limite Nagatomo che a sua volta crea la contingenza nel posto che lascia (Dalbert è un altro definito acerbo).
Questo è un problema che non impatta ad oggi le competitors e che potrebbe potenzialmente tracciare un solco: tra l'Inter A e l'Inter B al momento passa almeno mezza categoria di differenza, senza considerare che l'Inter B copre forse la metà dei corrispettivi ruoli.
Un problema che attende una soluzione urgente nella prossima finestra di mercato, dove almeno un paio di innesti nei ruoli sensibili a livello numerico sono una necessità.

Ora che sono sceso dall'ottovolante mi gira meno la testa, il mio stomaco brucia meno e generalmente mi sento meglio.
Sapere che non esiste la classifica delle opinioni discordanti, la classifica del bel gioco, la classifica dei pali colpiti, la classifica dei pali degli altri, la classifica delle impressioni, la classifica delle vacuità mi rimette finalmente in contatto con la realtà.
30 punti su 36.
12 turni di imbattibilità.
11 punti su 15 conseguiti contro le prime otto in classifica.
2 punti di distacco dalla vetta.
11 punti di distacco dati ai rivali cittadini.
E una classifica che non è un'opinione.

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